Fine aprile. Il ricordo è ancora intenso, mentre corriamo verso il sole.
Mi mancheranno quest’incertezza, questo fluire lento delle nuvole grigie in cielo e la dolcezza di aprile – la sua presenza discreta, di silenzio vestita.
Fine aprile. Il ricordo è ancora intenso, mentre corriamo verso il sole.
Mi mancheranno quest’incertezza, questo fluire lento delle nuvole grigie in cielo e la dolcezza di aprile – la sua presenza discreta, di silenzio vestita.
Succede che all’inizio d’aprile certe mattine siano così, irresolute e opache, le nuvole cupe in cielo a raccontare storie di pioggia – oppure la nebbia, e qualche sprazzo luminoso, lì accanto, a rassicurarci.
Gli umori d’aprile sono indecifrabili, fra insoddisfazione, aspettative e lunghe attese – un tempo sospeso fra tinte radiose e ciò che eravamo.
Aprile ti entra dentro adagio, per dirti che, in fondo, non è mai finita.
Le previsioni meteorologiche raccontano l’arrivo imminente di un temporale, cosa che non mi dispiace; finora, però, il cielo è rimasto quieto. In attesa di ciò che accadrà, ripenso alle bellissime nuvole di primavera, quelle che precedono la pioggia e che corrono in cielo arrabbiate, quasi stessero inseguendo qualcuno. Mi piacciono talmente tanto che, quando posso, le fotografo. Queste risalgono a maggio:
Oggi è arrivata la pioggia, abbastanza intensa. Ma adesso il cielo si sta schiarendo e l’atmosfera non è opprimente né malinconica. Il vento, però, non se ne va, segno di profonda inquietudine.
Anche nel mondo onirico il vento è simbolo di metamorfosi. Quando arriva, infatti, spezza un equilibrio, mette in discussione l’esistente, produce una trasformazione. Le cose cambiano, non possono restare sempre immobili. Questo ci racconta il vento.
In primavera, il vento ci affascina perché lo colleghiamo al carattere mutevole di questa bellissima stagione. Non potremmo neppure immaginare una primavera senza vento e nuvole che si rincorrono in cielo e umori altalenanti. Che la primavera sia capricciosa, come i bambini e gli adolescenti, è parte del suo fascino, che risiede nella sua ingenua vitalità, nei suoi indomabili impulsi, nel suo ottimismo. Come resisterle? Chi di noi non avverte, in questo periodo, il desiderio di tornare adolescente e di riuscire ancora a sognare? Chi di noi non vorrebbe fare una breve vacanza nel passato per rivivere certe ore magiche o apparentemente tali? La primavera suscita tutti questi desideri, e la voglia di correre, di fare marachelle, di scherzare, di parlare a lungo anche del nulla.
La primavera stuzzica il nostro lato infantile e, così facendo, stimola anche la nostra creatività.
Verso le venti, nuvole scure nel cielo malinconico; poi qualche goccia di pioggia. E il silenzio. Cupo, scuro, audace nel suo distendersi sulle strade quasi vuote. Sembra una breve, fugace premessa d’autunno, quasi un avvertimento – non una minaccia.
Trascorre il tempo, trascorre la sera, non si fermano i pensieri. C’è qualcosa d’insolito all’orizzonte, qualcosa d’inspiegabile; e l’estate trema, i colori sbiadiscono e il buio è quello di tanti anni fa, quello sui monti, quando l’anima ancora cantava alle stelle.
Oggi è il tipico, lungo, sereno pomeriggio d’inizio primavera: dalle finestre entra una luce piacevole, gaia ma non eccessiva, confortante nella sua dolcezza. Non amo il passaggio all’ora legale, ammetto che m’infastidisce. Però si tratta di abituarsi: tutti i passaggi richiedono qualche aggiustamento, qualche ripensamento e un po’ di fatica.
Domani sarà aprile. Mese affascinante, è l’essenza stessa della primavera, almeno quando decide di recitare il suo copione migliore: mattine tiepide, lunghi pomeriggi accarezzati da un sole che non vuole stordire ma solo accompagnare, qualche brusco cambiamento d’umore fatto di pioggia lenta e di grigio perla, e poi di nuovo il sole, la luce, le nuvole allegre a rincorrersi nel cielo, i sogni a occhi aperti.
Ad aprile dispiace essere adulti e avere tutte le giornate colme d’impegni. Talvolta, ad aprile si vorrebbe tornare adolescenti per poter correre fuori quasi ogni pomeriggio, perdersi nei prati, chiacchierare in libertà con qualcuno raccontando ciò che, col tempo, non si racconta più neppure a se stessi. E poi dipingere la realtà con i colori un po’ folli della fantasia e aspettare la sera, lentamente, credendo che, dopo tutto, al tramonto giungerà l’inatteso.
La grazia è un incanto discreto che sfugge agli occhi del mondo. È un calmo sorriso accennato al tramonto, è uno sguardo che parla d’emozioni remote, è una mano protesa a raccogliere un fiore.
La grazia è un incanto discreto che passa fra nuvole stanche.
(Nell’immagine il dipinto Paesana toscana, di Cristiano Banti)
Non si sa dove condurrà il sentiero, ma il sole è un invito al cammino. Nuvole bianche percorrono il cielo e osservano compiaciute.
Sarà un pomeriggio interminabile: saranno l’attesa, e la voce del vento oltre le colline, e le infinite parole che non abbiamo mai pronunciato.
(Nell’immagine, il dipinto Abetelle pistoiesi di Raffaello Sernesi)
Questa mattina la pioggia era leggera, quasi delicata, una carezza lieve sui capelli e sulle mani. Ma il cielo e l’atmosfera intorno parlavano d’autunno.
Tutto è cambiato e fra poco muteremo anche noi: trascorreremo le ore libere in maniera diversa rispetto all’estate, in compagnia di serate lunghe e di ombre sempre più scure, di nuvole irritate e di altri giorni di pioggia. Ma lo sfacelo della natura si farà poesia, ragalandoci infiniti colori e struggenti ricordi.