Ogni anno mi stupisce per il suo incedere calmo, rispettoso, per quella grazia fatta di silenzi e sguardi malinconici – le ombre dense, ieri e oggi, il tempo che si dissolve.
Ottobre è un enigma, il non sapere dove andare, il cielo che ascolta ma non risponde. Le foglie cadono adagio – e siamo noi, al tramonto.
Ottobre ci accompagna sempre, qualunque sia la strada. È un conforto dorato, la luce nonostante il buio.
Per non lasciarsi trascinare dal caos del mondo, dalla volgarità dilagante e dagli umori maligni delle persone moleste, bisogna cercare la bellezza e restare ancorati ai propri valori, ammesso che se ne abbiano.
Nei momenti di crisi, nei periodi complicati, il ricorso alla bellezza e ai nostri principi più profondi sono l’unico mezzo per salvarci. La bellezza è declinata in tanti modi e tocca a ciascuno di noi coglierla: i colori del tramonto, i fiori primaverili che sbocciano per lasciarsi ammirare, la pioggia sottile che sembra cantare, la rugiada del mattino, un buon libro, la musica di quel tempo lontano; e poi ascoltare il silenzio, scoprire sentieri nascosti, parlare alla luna, afferrare ciò che sfugge a molti. Chi ritiene che ciò significhi accontentarsi, non ha compreso nulla della vita.
Oltre alla bellezza, sono indispensabili i valori, quelli cui aggrapparsi quando infuria la tempesta, i principi nei quali crediamo e che danno un senso a tutti i gesti quotidiani: sono loro a definire in modo chiaro le cose che non faremmo mai, quelle che nessuno può obbligarci a fare. Se si è talmente forti e saggi da attraversare il mondo saldamente legati ai propri valori, si troverà sempre una via d’uscita.
Cammina silenziosa, la primavera, cammina verso l’estate – e i pomeriggi, i pomeriggi sono estenuanti, il nostro tramonto. Si rincorrono emozioni, frammenti di vitalità intensa, chiudere la porta di casa, afferrare i sogni – quelli sfregiati dagli anni.
Le sere erano interminabili, il giardino ascoltava – erano i nostri discorsi -, il giardino ascoltava e taceva. Ma io lo so che torneremo sotto le stelle, e sarà una notte d’agosto – come se il tempo avesse deciso di oltrepassare quella curva.
Il pomeriggio scorre radioso, di luce chiara che inonda le strade e sugli alberi brilla – la nostra primavera, quella che non ricordi.
Il pomeriggio scorre, passeggia assorto verso il tramonto; poi tace e s’addormenta, s’addormenta fra le morbide braccia della sera, tra le fitte pieghe nere del suo mantello stanco – poi s’addormenta, è vero, ma tu non riposi.
Quando nel tardo pomeriggio, ad aprile, la luce inizia a smorzarsi adagio, ci si sente avvinti da un’atmosfera rarefatta, mentre il tempo sembra sospendere la sua corsa – come a sfaldarsi.
Il tramonto è un incanto, a primavera. Per alcuni è un sollievo: gli schemi del giorno che s’infrangono, i giochi di ruolo che vengono meno – finalmente la pace, finalmente se stessi.
Resta il fatto, freddo nella sua incontestabile oggettività, che il tramonto segna il termine di una giornata, una giornata che non potrà ripetersi. Il tramonto ha in sé la forza spietata della conclusione, di tutto ciò che è irrevocabile: un giorno, col suo fardello di dolori e costrizioni, e con il suo scrigno di tesori preziosi, svanisce per sempre. Ne arriverà un altro, è vero, ma sarà diverso, non più lo stesso.
A primavera, inebriati dal verde brillante degli alberi e dalle tinte dei fiori, il tramonto è un passaggio luminoso, di morbide braccia attorno alla vita – l’accompagnarci al nuovo, noi, spegnendoci senza affanni.
Ho scattato queste fotografie verso il tramonto, al parco di viale Buon Pastore.
Il sole sta tramontando ora, alle 16:36. Che merenda scegliere in un breve e freddissimo pomeriggio d’inverno? Tè, latte o cioccolata calda? Biscotti o torta? E che genere di torta?
Ma soltanto io apprezzo queste giornate brevi? Soltanto io mi lascio sedurre dall’oscurità invernale?
Al principio di aprile, quando le giornate soffrono ancora di un umore incerto e di ingenua timidezza, la primavera si colora di un’atmosfera speciale. Soprattutto quando il lungo pomeriggio si dissolve nel tramonto, ci si può lasciare avvolgere e incatenare e perfino sedurre dal misterioso passaggio verso la sera: bastano il silenzio, una finestra semi-aperta, il vento leggero che muove le tende adagio e il cielo grigio chiaro a richiamare un brivido improvviso, un ricordo, un’indecifrabile attesa. Poi ci si sente sospesi, sia pure per qualche istante; ci si sente sospesi ed eterni a un tempo, ci si sente qui ma anche altrove. E passato, presente, futuro si fondono a richiamare l’infinito.
Forse è un bene che certi momenti siano tanto brevi.
Durante la tarda primavera, a volte, quando le giornate sono miti, prima del tramonto del sole dalle finestre aperte entra un vento piacevole e improvviso, come fosse l’arrivo di un amico desideroso di conversare o di fare compagnia. È il momento del delicato passaggio dalla fine del lunghissimo pomeriggio alla sera: certe voci cominciano a svanire, la strada appare più silenziosa e si avverte allora con particolare intensità la lenta, estenuante agonia del giorno, la fine di ciò che è stato, lo smorzarsi delle emozioni più violente. Sono rapidi frammenti di eterno sottratti al continuo fluire; sono preziosi attimi di verità.
Il sole splende senza insicurezze, sole di maggio pieno di vita, allegria di tarda primavera, serenità priva di ombre. Si vorrebbe essere altrove: in mezzo a un campo colmo di fiori, sotto alberi finalmente esultanti o lungo un sentiero a perdersi per ore, immaginando altri spazi e ciò che non verrà. Attraversare colline e colline, attendere il tramonto, riconoscere passi conosciuti, sentire parole mai udite prima. Questo dovrebbe essere maggio almeno una volta.
Oggi è il tipico, lungo, sereno pomeriggio d’inizio primavera: dalle finestre entra una luce piacevole, gaia ma non eccessiva, confortante nella sua dolcezza. Non amo il passaggio all’ora legale, ammetto che m’infastidisce. Però si tratta di abituarsi: tutti i passaggi richiedono qualche aggiustamento, qualche ripensamento e un po’ di fatica.
Domani sarà aprile. Mese affascinante, è l’essenza stessa della primavera, almeno quando decide di recitare il suo copione migliore: mattine tiepide, lunghi pomeriggi accarezzati da un sole che non vuole stordire ma solo accompagnare, qualche brusco cambiamento d’umore fatto di pioggia lenta e di grigio perla, e poi di nuovo il sole, la luce, le nuvole allegre a rincorrersi nel cielo, i sogni a occhi aperti.
Ad aprile dispiace essere adulti e avere tutte le giornate colme d’impegni. Talvolta, ad aprile si vorrebbe tornare adolescenti per poter correre fuori quasi ogni pomeriggio, perdersi nei prati, chiacchierare in libertà con qualcuno raccontando ciò che, col tempo, non si racconta più neppure a se stessi. E poi dipingere la realtà con i colori un po’ folli della fantasia e aspettare la sera, lentamente, credendo che, dopo tutto, al tramonto giungerà l’inatteso.