E così, oggi, ho cambiato gli abiti al blog, che è diventato estivo: segue le stagioni, lui, e deve adeguarsi al clima e all’atmosfera di questa parte dell’anno. Via le vecchie immagini primaverili e spazio a nuovi colori e ad altri paesaggi.
Modificare la grafica del blog mi emoziona sempre, perché è segno di un cambiamento, di una nuova stagione, di una fase diversa accompagnata da mille incognite e infinite aspettative.
Il bisogno di scandire il tempo risponde alla necessità di dominarlo e di conferirgli un senso. E, per un blog dedicato al ripetersi delle stagioni, scandire il tempo diventa un fatto urgente, una necessità e un divertimento.
Proprio come l’eterno ciclo delle stagioni, anch’io, a ogni passaggio, mi ripeto e scrivo un post dedicato a ciò che mi aspetto, a quello che desidero per i prossimi tre mesi. Ecco, questo post sta per arrivare, perché non amo perdere le buone abitudini.
Intanto, buona estate a chiunque passi da queste parti.
Questa mattina, mentre camminavo lungo viale Veneto per tornare a casa, sono stata folgorata dalla bellezza dell’inverno. Nonostante i colori freddi, gli alberi scuri e il cielo tetro, ho avvertito un calore e un coinvolgimento emotivo nuovi. In un certo senso, è stato come scoprire questa stagione per la prima volta, sentirne tutto il fascino oscuro e non temerlo. Devo essere cambiata molto, profondamente.
Credo che ciascuno di noi dovrebbe dedicare un giorno intero all’inverno, senza pensare ad altro, senza perdersi in altro, lasciandosi ammaliare dal cielo livido, minaccioso, e poi scialbo, monotono, spento. E capirne il senso, tutto il suo valore, il mistero racchiuso nella sua lunga inquietudine.
Tutto è compiuto. Ciò che non si è realizzato non poteva realizzarsi, ciò che è finito doveva terminare. E la notte non è mai stata così bella.
Voglio l’inverno vero, l’inverno cupo e senza incertezze – chiudersi dentro, il freddo intollerabile e la lunga, lunghissima attesa. Voglio l’inverno e i giorni scuri, la meraviglia della nebbia al mattino – e uscire quando ancora fuori è notte e tutti sembrano dormire. Voglio l’inverno delle passeggiate solitarie, e le strade strette e le porte chiuse e nessuno alle finestre – e poi tornare a casa in fretta e pensare.
Voglio l’inverno severo ed esigente, quello dei colori freddi e del ghiaccio sul cuore.
Sono felicissima perché, nonostante sia arrivato dicembre, l’autunno è ancora qui, in tutto il suo magnifico splendore, con i suoi colori e le sue atmosfere che sanno d’infinito. Per noi, che amiamo follemente questa stagione, è una gioia immensa camminare in città e incontrare certe meraviglie. Questa mattina in viale Vittorio Veneto, in centro storico, non credevo ai miei occhi:
Mi affascina da sempre, e mi avvince e mi sconvolge, il contrasto fra i tronchi degli alberi e il giallo delle foglie morte:
E ieri pomeriggio in via Valdrighi, a Sant’Agnese vecchia, sembrava di passeggiare dentro a una favola:
Fra poco tutto questo sparirà, lasciando soltanto qualche debolissima traccia del suo passaggio. Approfittiamone ora, prima che la scure dell’inverno si abbatta su di noi:
Anche il piccolo parco sotto casa mia riesce a dare il meglio di sé durante questa stagione:
Siate come l’autunno: intensi ma delicati, sempre pronti a dispiegare i vostri colori. Anche quando il cielo resta indifferente.
È che non vorresti uscire, non vorresti perdere questo spettacolo. L’autunno sa rapirti come niente e nessuno potranno mai. Ti bastano una finestra, una soltanto, e gli alberi sotto a farti compagnia. E quei sussurri e quei ricordi, tutti i tremori – il tuo tempo che fugge via.
L’autunno è uno stato d’animo, tu che comprendi ogni sfumatura, ogni piccolo gesto, e non sai che fartene delle chiacchiere, dei sorrisi finti, dei discorsi che sono pura apparenza. L’autunno è la verità – sai dove stai andando, e quel sentiero misterioso, e che nessuno ti molesti. L’autunno è il calore dei ricordi, muti – e non parlarne.
Io sono come le foglie che cadono in silenzio, come il vento che s’alza d’improvviso, come la pioggia che ti costringe a rientrare in fretta. Mi bastano una stanza e i colori dell’arcobaleno.
E tu non disturbarmi. Non so che farmene della tua estate torrida.
La bellezza autunnale, delicata e ricca di screziature, può essere colta soltanto con calma attraverso un procedere lento. La frenesia della vita quotidiana, fatta di corse verso il nulla, sembra fatta apposta per sottrarci alla poesia di questa stagione.
D’autunno, bisogna passeggiare adagio per cogliere colori e sfumature, profumi e atmosfere – atmosfere dense di memorie e di segreti e di non detti.
L’autunno ha la bellezza lancinante di una villa abbandonata, che si staglia, magnifica e solitaria, sotto un cielo distratto, cui nulla importa del suo destino.
Ma, ogni tanto, passa qualcuno, una persona diversa dalla media, una persona capace di scorgere l’invisibile e certe strane connessioni – e gli angoli, le foglie nascoste sotto i rami spezzati, la terra marrone bagnata di nebbia.
Furono interi pomeriggi – li ricordo ancora – ad ascoltare il vento di novembre fra le persiane chiuse, e la strada muta a non volerci abbandonare.
La giornata è caldissima ma vestita di puro splendore. Non si può fare a meno di esultare per le tinte e i giochi di luce fra gli alberi:
Sono contenta senza ragione apparente, senza un motivo cui aggrapparmi, senza giustificazioni. Felice e basta, forse la forma più bella di esultanza o la più spericolata, irrazionale, bizzarra allegria che possa capitare.
Le cicale cantano ininterrottamente, le persone camminano adagio, il tempo sembra quasi arrestarsi e, in alcuni momenti, penso all’autunno che verrà. Ma intanto lascio che l’estate mi abbracci e mi faccia divertire e sognare con i suoi colori:
Stamattina ho approfittato della giornata serena per concedermi una lunghissima passeggiata. Dei giorni festivi come questo, amo la calma e il silenzio, ideali per camminare senza stress.
Viale Buon Pastore, ancora addormentato, mi ha accolta senza traffico e con i colori tipici di questo mese straordinario:
Il pregio di questo viale è la bassa densità abitativa, dovuta alla presenza di parchi e aree verdi che impediscono la speculazione edilizia selvaggia. I pochi palazzi sono interrotti da ville e villette, in alcuni casi di notevole pregio, e il viale è sempre tranquillo, a parte il traffico dei giorni feriali. E poi è il “mio” viale, teatro della mia infanzia e adolescenza, e, nonostante i lunghi anni trascorsi in centro storico, ritrovarmi a vivere qui d’improvviso è stato un fatto sconcertante, inatteso ma bellissimo.
Stamattina sono uscita presto, per cui ho trovato il parco Buon Pastore vuoto. Non è bellissimo, ma con l’erba alta e i fiori gialli mi è sembrato persino grazioso:
Ho proseguito sul viale girando poi a destra, lungo via Sassi, per raggiungere il mio parco preferito, il Bonvi Park o parco Amendola vecchio:
Ho camminato lungo tutto il parco per uscire poi su viale Amendola, che è un incubo di traffico in ogni stagione e a qualsiasi ora del giorno. Qui, però, basta attraversare la strada per entrare nel parco Amendola nuovo, molto grande e assai frequentato. Come ho già scritto altrove, io non lo amo molto, ma d’autunno è davvero suggestivo. Stamattina il mio scopo era percorrerlo tutto e uscire su via Panni, per dirigermi in campagna verso la chiesetta di Saliceta San Giuliano.
E così ho fatto. La prima campagna alla fine della città mi ha avvolta con lo splendore del silenzio:
A differenza dello scorso autunno, oggi la chiesetta era vuota:
Così sono entrata e sono rimasta stupita, perché la chiesa è molto curata e ha un’atmosfera allegra:
All’uscita ho fotografato una casa di campagna a pochi metri dalla chiesa. L’ho fatto perché aveva il cancello aperto, e mi ha stupita per la sua aria d’altri tempi:
Sulla via di ritorno, mi sono accorta di una presenza discreta, molto defilata:
Fra andata e ritorno, ho camminato per circa sei chilometri. Spero di arrivare anche a dieci, in futuro.
Ci auguriamo che sia così: una settimana d’intensa primavera, la primavera degli inizi, quella ancora bambina, inebriante di colori delicati e di sogni. È una bellezza fragile, quasi ultraterrena, e a lungo non sa resistere. Occorre ammirarla ora, adesso che il tempo suo si compie in un battito di ciglia, come dall’alba al tramonto – come lo spegnersi d’improvviso. E senza molestarla, perché a tanto splendore si deve solo rispetto – e silenzio, silenzio per ascoltare.
Succede così, a febbraio. Compaiono alcuni giorni luminosi, presagi della bella stagione – e il freddo si attenua un poco; ma gli scheletri degli alberi spogli, e il marrone cupo e il grigio come unici colori intorno, creano una dissonanza, una frattura. Così febbraio sprofonda nell’inconsistenza, non è inverno e non è primavera – senza carattere, senza identità.
Spero ancora in qualche mattina di nebbia fitta e forse persino nella neve.