
Giugno è arrivato. Ogni anno, quando inizia questo mese, sono invasa da un vortice di memorie e, se anche volessi, non potrei disfarmene. Sono ricordi di un tempo in cui giugno rappresentava la nascita di un periodo completamente nuovo: le vacanze, la fine della scuola, la fine della prigione, la libertà. Non era soltanto il principio dell’estate, ma un vero e proprio passaggio verso un’altra dimensione. E il sole, i pomeriggi lunghissimi e le notti brevi erano quanto di più bello potesse esistere.
In montagna, le giornate apparivano quasi senza fine: lunghe le mattine, interminabili i pomeriggi, lunghe anche le sere. Ricordo sempre con stupore un giorno particolare, credo un lunedì. Io e le mie cugine avevamo finito di pranzare ed eravamo rimaste in cucina a chiacchierare. A un certo punto, mi sembrò che fosse trascorso molto tempo, mi sembrò che le nostre chiacchiere fossero durate troppo e che fosse il momento di uscire da casa. Così guardai l’orologio e rimasi sbalordita: erano soltanto le 13:40. Davanti a noi, avevamo un pomeriggio infinito.
Il ricordo che ho di quelle estati è il ricordo della mia percezione del tempo: lo avvertivo quasi fosse qualcosa di concreto, di vivo, dotato di un’anima propria; e ne sentivo persino lo scorrere, lentissimo, cauto, sornione. Il tempo era un amico, un compagno silenzioso e costante, un alleato. Certo, spesso mi annoiavo e desideravo che fosse più veloce; ma era il tempo estivo, il tempo della libertà e delle piccole follie. Perciò era bene che fosse tanto pacato. In fondo, mi stava facendo un regalo, anche se non me ne accorgevo.
E poi lo sguardo, lo sguardo sul mondo. Non era soltanto la percezione del tempo a essere così peculiare, ma anche il modo in cui guardavo tutto l’insieme, cose e persone. Lo so, è un’affermazione che sembra banale, perché si tratta di un fatto scontato. Però è il ricordo di quello sguardo che assume contorni particolari e che non può essere descritto con facilità: sarebbe come voler catturare l’immagine di un arcobaleno di colori che si trasforma adagio – sempre in movimento – fino ad assumere sfumature sorprendenti, sfumature con le quali occorre imparare a convivere.
Ogni anno, quando giugno compare e annuncia la nuova stagione, sono il tempo e lo sguardo ad attraversare i miei pensieri – e a parlarmi e a raccontarmi sempre qualche nuovo dettaglio.