Marzo inizia così

Marzo inizia così, l’inverno gelido e la neve a tenermi compagnia. Fra ottobre e la metà di febbraio ho viaggiato molto, rispettando gli orari dei treni e degli autobus che hanno reso possibili i miei spostamenti . A volte ho corso come una trottola impazzita, altre volte i taxi mi hanno salvata dalla stanchezza – di mattina presto e di sera tardi, col buio e il vuoto delle strade a farmi desiderare di tornare a casa in fretta. E, in questa girandola di spostamenti, affanni e coincidenze da rispettare, non ho potuto vivere l’autunno e l’inverno, periodi che richiedono presenza, attenzione, calma e lunghe ore da trascorrere in casa.

Ma, adesso che quell’intermezzo si è concluso, la stagione fredda sembra voler prolungare la sua presenza – quasi un regalo, un minuscolo dono per risarcirmi di ciò che ho perduto. Eppure avverto il desiderio di un mutamento, credo che la nuova stagione abbia il diritto di arrivare. La desidero e la temo, in realtà, perché il cambiamento è sempre un’incognita, uno strano groviglio di desideri e timori, di attese e delusioni, di momenti sereni e di battute d’arresto.

Però la voglio, la primavera; la voglio ingenua, frizzante, immatura e piena d’energia. Voglio rinascere anch’io, in fondo, e le desidero tutte davvero quelle tinte delicate, meravigliose, come di vita al suo principio: il verde, il lilla, il rosa e il celeste.

Tu sai di cosa parlo.

Fermate d’autobus

Spesso, quando mi trovo sull’autobus e guardo fuori, mi colpiscono le fermate che non ho mai frequentato, che non appartengono alla mia realtà quotidiana, neppure a quella remota – stralci d’infanzia, piccoli viaggi urbani, tragitti per non so dove.

E penso che vorrei, talvolta, vivere qualcuno di questi luoghi d’attesa, percepirne l’atmosfera, perché ce n’è sempre una, una c’è sempre se la sai afferrare – e, in quel momento, afferri te stessa.

Quando ti trovi ad aspettare, cammini sempre incontro all’ignoto. T’illudi di avere una destinazione e basta, un punto d’arrivo che sia una conclusione, una certezza; ma la realtà è un’altra, sfuggente, fatta di volti nuovi, d’improvvise armonie o dissonanze. E poi non sai se arriverai a destinazione, se il viaggio sarà più lungo del consueto, se un imprevisto spezzerà la monotonia dell’attesa.

Ma quella fermata, quel punto qualsiasi voluto dagli uomini, dà forma al mondo e alle giornate, crea la realtà e la sostiene, rende possibile il viaggio, i pensieri, le illusioni, le aspettative.

Le fermate d’autobus mi piacciono d’autunno, nelle giornate incolori, quando le foglie non smettono di cadere e l’attesa diventa un mistero – solenne, forse senza ritorno.

Mentre l’anno se ne va

L’inverno è arrivato ad accompagnare l’anno che sta per lasciarci. I rami degli alberi sono spogli, senza alcuna protezione, immobili sotto il gelo, e i colori hanno perso le infinite sfumature della stagione precedente.

Non è più il tempo delle dolci, struggenti emozioni autunnali, delle nostalgie improvvise, delle incertezze che diventano poesie; ora tutto è compiuto, ogni cosa è al suo posto, nitida, ferma e decisa. È, questo, il periodo del rigore, dell’essenziale: pochi, cupi, freddi colori a circondare il nostro cammino.

L’anno volge al termine e, come sempre in questo periodo, ci avvolge un’atmosfera solenne, un silenzio che ci parla di attesa e di auspici e di sogni.

Ma occorre stare in silenzio, conservare gelosamente progetti e speranze, per evitare che sfumino, che si perdano fra chiacchiere e furori.

Bisogna fare come l’inverno: comprendere, tacere, osservare. E proteggersi, proteggersi sempre.

L’autunno ancora qui

Sono felicissima perché, nonostante sia arrivato dicembre, l’autunno è ancora qui, in tutto il suo magnifico splendore, con i suoi colori e le sue atmosfere che sanno d’infinito. Per noi, che amiamo follemente questa stagione, è una gioia immensa camminare in città e incontrare certe meraviglie. Questa mattina in viale Vittorio Veneto, in centro storico, non credevo ai miei occhi:

Mi affascina da sempre, e mi avvince e mi sconvolge, il contrasto fra i tronchi degli alberi e il giallo delle foglie morte:

E ieri pomeriggio in via Valdrighi, a Sant’Agnese vecchia, sembrava di passeggiare dentro a una favola:

Fra poco tutto questo sparirà, lasciando soltanto qualche debolissima traccia del suo passaggio. Approfittiamone ora, prima che la scure dell’inverno si abbatta su di noi:

Anche il piccolo parco sotto casa mia riesce a dare il meglio di sé durante questa stagione:

Siate come l’autunno: intensi ma delicati, sempre pronti a dispiegare i vostri colori. Anche quando il cielo resta indifferente.

Come le foglie

È che non vorresti uscire, non vorresti perdere questo spettacolo. L’autunno sa rapirti come niente e nessuno potranno mai. Ti bastano una finestra, una soltanto, e gli alberi sotto a farti compagnia. E quei sussurri e quei ricordi, tutti i tremori – il tuo tempo che fugge via.

L’autunno è uno stato d’animo, tu che comprendi ogni sfumatura, ogni piccolo gesto, e non sai che fartene delle chiacchiere, dei sorrisi finti, dei discorsi che sono pura apparenza. L’autunno è la verità – sai dove stai andando, e quel sentiero misterioso, e che nessuno ti molesti. L’autunno è il calore dei ricordi, muti – e non parlarne.

Io sono come le foglie che cadono in silenzio, come il vento che s’alza d’improvviso, come la pioggia che ti costringe a rientrare in fretta. Mi bastano una stanza e i colori dell’arcobaleno.

E tu non disturbarmi. Non so che farmene della tua estate torrida.

Io sono novembre

Io sono novembre e busso alla tua porta. Sono l’essenza della vita, quel dissolversi che ti sgomenta, tutto quello che non vuoi vedere – e chiudi gli occhi per non capire. Io sono novembre, ricco di brividi e di colori, il tuo tormento e la tua dannazione. Ma ti regalo lo spettacolo più bello, le foglie al vento, gli alberi rossi e gialli, i tuoi ricordi, le nebbie fitte del mattino.

Io sono novembre, e ti sorreggo e ti consolo. Sono il passato che irrompe nel presente, la vita tua che si aggroviglia, l’infanzia che ritorna, la nostalgia che non sai raccontare. Guardami, guardami con attenzione; e dopo, con molta calma, lasciami andare.

Mattina di novembre

Bologna, ore 8:30, via dei Mille:

Questa mattina, novembre ci accoglie tetro e insoddisfatto. Non è un mese fatto per viaggiare, muoversi, correre; novembre richiede pazienza, contemplazione, infiniti riguardi.

Bisognerebbe guardarlo con calma da una finestra chiusa, senza preoccuparsi di nulla. Ammirare gli alberi, le foglie, la nebbia e attendere il momento giusto per uscire, per comprendere, per sapere.

Furono interi pomeriggi

La bellezza autunnale, delicata e ricca di screziature, può essere colta soltanto con calma attraverso un procedere lento. La frenesia della vita quotidiana, fatta di corse verso il nulla, sembra fatta apposta per sottrarci alla poesia di questa stagione.

D’autunno, bisogna passeggiare adagio per cogliere colori e sfumature, profumi e atmosfere – atmosfere dense di memorie e di segreti e di non detti.

L’autunno ha la bellezza lancinante di una villa abbandonata, che si staglia, magnifica e solitaria, sotto un cielo distratto, cui nulla importa del suo destino.

Ma, ogni tanto, passa qualcuno, una persona diversa dalla media, una persona capace di scorgere l’invisibile e certe strane connessioni – e gli angoli, le foglie nascoste sotto i rami spezzati, la terra marrone bagnata di nebbia.

Furono interi pomeriggi – li ricordo ancora – ad ascoltare il vento di novembre fra le persiane chiuse, e la strada muta a non volerci abbandonare.

Ottobre si congeda

Questa immagine rappresenta forse l’essenza più profonda del mio mese favorito, ricco di sfumature sorprendenti e indefinibili, di colori vivaci e di toni spenti – la vita intera con le sue contraddizioni.

Ottobre termina oggi regalandoci un volto luminoso, pieno di gioia per ciò che è stato e per quello che verrà.

Mi dispiace non aver potuto scrivere abbastanza durante questa meraviglia. Per un blog dedicato al ciclo delle stagioni, certe assenze pesano. Ma ottobre, quest’anno, mi ha regalato un percorso pieno d’impegni e di novità cui non ho potuto sottrarmi.

Chissà quali doni porterà novembre.

E aspetto la sera

Le giornate sono un incanto, un contrasto di toni che si armonizzano e non si sa come: freddo, caldo, nebbia, sole che litigano e poi s’abbracciano – la pace torna sempre, è il miracolo di ottobre.

E poi stanotte torna l’ora solare. Quando succede, mi sento una bimbetta tutta emozionata, quasi fosse un passaggio epocale, un evento senza pari. La verità è che aspetto la sera, il buio rarefatto dell’introspezione, l’ambigua calma dell’oscurità autunnale; e poi le foglie che cadono all’imbrunire, avvertirne la presenza muta, il morire lento degli alberi – che non è mai la fine.

Persino le notti, durante l’autunno, sono dorate.