Un film e alcuni racconti

Che fare nelle lunghe serate autunnali o nei fine settimana piovosi e cupi? Che fare quando il freddo è pungente ed è piacevole trascorrere molto tempo in casa? Ci si può svagare in maniera intelligente, senza cadere vittime di programmi televisivi indecenti? Lascio qualche idea, qualche breve suggerimento.

Bassa marea, diretto nel 1950 da Fritz Lang, è un film poco conosciuto nonostante la fama del regista. Un peccato, perché quest’opera merita di essere presa in considerazione. Un omicidio involontario, una casa vittoriana sul fiume, luci e ombre che si rincorrono, il bene e il male in lotta fra loro: il film mette in scena una storia torbida, che si addensa attorno a un protagonista viscido e senza scrupoli, dominato da un feroce egoismo e da un opportunismo che lo rendono incapace di redenzione. La suspense è buona, il bianco e nero e la fotografia sono magistrali, il fiume inquieta e il finale ci consola. Lo consiglio perché adatto all’atmosfera autunnale: è il classico film da guardare in una fredda sera di novembre, o quando fuori il cielo trascolora in attesa del vento e della pioggia. E poi come si può dimenticare Fritz Lang? Bassa marea è attualmente disponibile su Youtube.

Per gli amanti del genere poliziesco, i racconti di Sir Arthur Conan Doyle, incentrati sulla figura di Sherlock Holmes, sono imperdibili. Hanno il pregio d’intrattenere e, nello stesso tempo, di stimolare la razionalità. Come si può resistere a tanta grazia? Le avventure del celebre investigatore inglese sono una compagnia eccellente durante l’autunno, a causa delle atmosfere create da Conan Doyle, che ci accompagna tra i fasti e le miserie della Londra vittoriana, descritta con notevole vivacità. Joseph Bell, docente di medicina legale all’università di Edimburgo e professore di Conan Dyle, scrisse del suo allievo: “Sa creare ottime trame, piene di complicazioni interessanti […]. Sa quanto sia piacevole la concisione, quanto annoino le cose che vanno troppo per le lunghe, e scrive storie che si possono leggere dopo cena, senza che se ne dimentichi l’inizio prima di essere arrivati alla fine“.

Ombre, misteri e fantasmi: un romanzo e un film

In un mese come novembre, ricco di colori e di atmosfere malinconiche, mi sento di suggerire la lettura di un bellissimo romanzo e la visione di un ottimo film, entrambi adatti all’umore e ai toni di questo periodo.

Il romanzo è L’amante senza fissa dimora, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, che ho commentato circa un anno fa qui sul blog. Ambientato proprio a novembre, in una Venezia decadente e affascinante, non è un romanzo rosa, come potrebbe far pensare il titolo, ma un’opera complessa costruita intorno a una misteriosa leggenda.

Il film è Suspense, titolo orribile e assurda traduzione italiana di The innocents, che è una versione cinematografica del celebre romanzo Il giro di vite, di Henry James. Il film è un autentico gioiello, caratterizzato da un’eleganza formale non comune: colpisce l’atmosfera malsana che si respira durante tutta la pellicola, e che è in contrasto con lo splendore dell’ambientazione. L’orrore è soprattutto suggerito, a cominciare dalla figura del bambino che si comporta quasi come un adulto e che perciò diventa via via sempre più inquietante. Deborah Kerr nella parte dell’istitutrice è spettacolare. Da vedere assolutamente se si amano le storie di fantasmi, declinate però in maniera molto raffinata. Attualmente il film è disponibile su Youtube.

Quando il cinema era arte: Olivia de Havilland

Ieri è morta a Parigi Olivia de Havilland, star della Hollywood dei tempi d’oro. Dotata di un talento non comune e di grande personalità, ha sempre saputo infondere notevole spessore psicologico ai suoi personaggi. Qui scelgo di ricordarla come protagonista di un film splendido, L’ereditiera (1949), tratto da un romanzo di Henry James, Washington Square. Il regista del film è William Wyler, che ci ha regalato un autentico gioiello, un’opera raffinatissima sotto tutti i punti di vista: recitazione, dialoghi, ambientazione. Un film profondo, intelligente e, nello stesso tempo, esteticamente ineccepibile: un felice incontro fra la letteratura e la settima arte, elaborato con stile inimitabile.

In un momento storico come questo, caratterizzato da un’involuzione sul piano del gusto artistico e letterario, ricordare Olivia de Havilland e recuperare un film come L’ereditiera è doveroso: è un modo per volare alto, senza rassegnarsi alla mediocrità e alla superficialità in cui siamo immersi.

Brevemente domenica


Domenica di sole e di mercatini natalizi. Dopo aver un po’ girovagato alla ricerca di qualche regalo, sono andata alla Feltrinelli e ho comprato il romanzo Dracula di Bram Stoker e il dvd del film La morte corre sul fiume, un noir del 1955 diretto da Charles Laughton.

Nonostante io abbia letto molti libri, ho stranamente trascurato Dracula, per cui adesso intendo rimediare. Ho già cominciato a leggerlo e, almeno all’inizio, mi pare che abbia un buon ritmo.
La morte corre sul fiume è diventato un cult per i cinefili. Quando uscì, il film fu un completo fallimento a livello commerciale, ma il suo notevole successo di critica lo ha reso un classico della cinematografia. Pertanto sono curiosissima di vederlo.

Intanto auguro un buon inizio di settimana a tutti. 🙂

Mentre la sera avanza

Da tempo desideravo vedere il film Mia cugina Rachele, tratto dal romanzo omonimo scritto da Daphne Du Maurier. Cercando su youtube, con grande gioia l’ho trovato intero e in lingua originale. Sono rimasta soddisfatta: ambientazione e atmosfera perfette e ottima recitazione. In settimana, sempre su youtube guarderò Jane Eyre nella versione del 1970.

Intanto, mentre la sera avanza per scivolare nella notte, e dopo una giornata dal clima quasi invernale, ho deciso di prepararmi una bella tazza di cioccolata calda. Si sa, il freddo è un’ottima scusa per abbandonarsi a questi piccolissimi piaceri. Se poi ci si aggiunge il silenzio di queste ore magiche, l’intermezzo di serenità è completo. Buon inizio di settimana a tutti. 🙂

Fra libri e cinema


In questi giorni sto leggendo Introduzione alla psicoanalisi di Sigmund Freud. Si sta rivelando uno studio interessante, anche grazie all’esposizione molto chiara dell’autore. Questa lettura è finalizzata a valutare le influenze della riflessione freudiana sulla cultura filosofica contemporanea. In tale prospettiva dovrò leggere anche L’interpretazione dei sogni, L’Io e l’Es, Il disagio della civiltà.

Ieri ho visto su Youtube il film Dr. Jekyll and Mr. Hyde nella versione del 1931, diretta da Rouben Mamoulian. Da tempo desideravo vederlo perché avevo letto critiche estremamente positive a riguardo. Ebbene, le aspettative non sono state deluse, anzi: splendida regia, per quei tempi molto innovativa, grande ritmo, atmosfera morbosa e assai sensuale, perciò davvero audace data l’epoca, e meravigliosa interpretazione di Fredric March nella parte di Jekyll/Hyde. Per un commento più articolato, però, aspetto di vederlo una seconda volta.

L’albero degli impiccati


Trama
Il dottor Frail (Gary Cooper) giunge in un accampamento di cercatori d’oro in Montana. Qui, mentre si dedica con passione alla sua professione di medico, salva Rune (Ben Piazza), un giovane ladro che sta per essere linciato, riducendolo però a una sorta di servo privo di diritti. Poi cura Elizabeth, una ragazza svizzera (Maria Schell) rimasta temporaneamente cieca in seguito a un grave incidente. La giovane s’innamora di lui, ma Frail, enigmatico e con un passato oscuro alle spalle, la respinge. Elizabeth decide così di dedicarsi alla ricerca dell’oro insieme a Rune. Quando il suo rozzo socio in affari (Karl Malden) tenta di violentarla, il dottor Frail interviene e rischia il linciaggio.

Commento
The Hanging Tree (1959), in italiano L’albero degli impiccati, è un film western diretto da Delmer Daves. Incentrato sull’indagine psicologica dei protagonisti, dei quali mette in rilievo le contraddizioni e i molti lati oscuri, è un western un po’ anomalo, che dà grande spazio alla descrizione fredda e realistica di un’umanità avida e priva di scrupoli, disposta a tutto per denaro.

Il dottor Frail nell’esercizio della sua professione è sempre molto generoso e attento. Ma è anche un individuo problematico, tormentato da un terribile ricordo e incline a manipolare le esistenze altrui. Un protagonista particolare, dunque, non il classico eroe buono, ma un uomo la cui ambiguità percorre tutta l’opera fino al termine.
Nella vicenda, poi, spicca senz’altro il personaggio del rozzo cercatore d’oro interpretato da un eccellente Karl Malden, che sa rendersi così odioso da non suscitare alcuna pietà neppure quando viene ucciso.

Il film, piuttosto lento, acquista un ritmo quasi vertiginoso solo verso il termine, quando Frail viene attaccato da una folla violenta ed esaltata composta dai peggiori individui dell’accampamento. Il finale è splendido e commovente perché, mostrando il contrasto tra la ferocia irrazionale e malvagia della folla e il generosissimo gesto di Elizabeth, disperata e disposta a qualsiasi cosa pur di salvare Frail, mette in luce nello stesso tempo il peggio e il meglio di cui gli esseri umani sono capaci.
Molto buona la recitazione degli attori.

Voto: 8

Segnalazione – Ombre rosse


In questo periodo, sta uscendo nelle edicole una collana di dvd intitolata I capolavori del cinema western. Da oggi è possibile acquistare Ombre rosse (1939), diretto da John Ford.
Un anno fa scrissi una dettagliata recensione di questo film, capolavoro assoluto del cinema di tutti i tempi. Approfittando dell’uscita odierna del dvd, che costa 9,90 €, lo segnalo volentieri a tutti gli amanti del buon cinema. In Ombre rosse si fondono armoniosamente epica e poesia, romanticismo e avventura, dando luogo a un esito che trascende il genere d’appartenenza.
Per la profondità e la pluralità di significati che lo caratterizzano, per la bravura del cast e per alcuni dettagli tecnici che erano all’avanguardia nel 1939, Ombre rosse può essere a buon diritto definito un’opera d’arte. Una menzione speciale merita poi il regista John Ford, unico, straordinario e insuperabile poeta del genere western.

La scala a chiocciola


TRAMA
New England, 1906. In una cittadina, qualcuno uccide giovani donne affette da handicap fisici.
Helen Caper (Dorothy McGuire) lavora come governante nella villa della famiglia Warren. Essendo muta fin dall’infanzia a causa di un trauma psicologico, è una potenziale vittima del serial killer. Nella villa risiedono la signora Warren (Ethel Barrymore), il figlio Steven (Gordon Oliver), il figliastro Albert (George Brent), la segretaria di quest’ultimo e una coppia di servitori. Helen accudisce la signora Warren, molto malata e costretta a letto.
Nell’arco di una serata con un forte temporale, nella villa si scatenano tensioni che culminano in un pericolo mortale per Helen. Ma questa volta l’assassino non riuscirà a farla franca.

COMMENTO
The Spiral Staircase, in italiano La scala a chiocciola (1946), è un famoso thriller diretto da Robert Siodmak. Si distingue per la bellissima fotografia, con un ottimo bianco e nero privo di sbavature, e per alcuni elementi che in seguito diventeranno tipici di questo genere: l’ambientazione in una villa isolata, la notte accompagnata da un forte temporale, la cantina desolata e buia dove avviene l’ennesimo delitto, la presenza in uno spazio ristretto di vari personaggi apparentemente ambigui, l’inquadratura insistente di un occhio dell’assassino.

L’identità del serial killer viene scoperta prima del termine del film, che però mantiene una buona tensione fino all’ultimo. Il mutismo di Helen, che le impedisce di gridare quando s’accorge di essere in pericolo, contribuisce poi a rendere ancora più claustrofobica l’atmosfera che pervade tutta l’opera. Da antologia la sequenza in cui l’assassino vede Helen riflessa nello specchio, immaginandola senza bocca.
L’interpretazione di Dorothy McGuire, nella sua struggente intensità, è eccellente.

Voto: 8,5

Ladyhawke


Non ho visto ciò che i miei occhi hanno visto, non credo ciò che la mia mente crede, mio Dio. Queste sono cose magiche, sono cose misteriose, di cui ti prego, Signore, non rendermi partecipe (Philippe Gaston).

TRAMA
Basso Medioevo. Un ladruncolo simpatico e irrimediabilmente bugiardo, Philippe Gaston detto il topo (Matthew Broderick), evade dalla prigione di Aguillon. Raggiunto dalle guardie del vescovo durante la fuga, Philippe è salvato da un misterioso cavaliere, Etienne Navarre (Rutger Hauer), che viaggia con un cavallo nero e un falco. In parte per riconoscenza, ma soprattutto perché non può fare altrimenti, Philippe diventa scudiero di Navarre e lo segue, scoprendo poi una storia inquietante. Il vescovo di Aguillon, un uomo corrotto e privo di scrupoli, si è innamorato d’Isabeau (Michelle Pfeiffer), la fidanzata di Navarre, ma, non tollerando il rifiuto da parte dalla ragazza, ha diviso la coppia attraverso un sortilegio: ogni giorno Isabeau si trasforma in falco – il falco con cui viaggia Navarre -, mentre tutte le notti, non appena Isabeau torna donna, Navarre si trasforma in lupo.

Dopo gravi incidenti, incontri inaspettati e l’elaborazione di una strategia per affrontare il vescovo, i due innamorati riusciranno a liberarsi della maledizione.

COMMENTO
Diretto da Richard Donner nel 1985, Ladyhawke è un fantasy girato quasi interamente in Italia, in località quali, ad esempio, il Parco Nazionale d’Abruzzo e le province di Parma e Piacenza.
Privo di sofisticati e pretenziosi effetti speciali, il film punta sulla bella fotografia, gli splendidi paesaggi autunnali e invernali e i dialoghi vivaci nei quali si mescolano dramma e leggerezza, romanticismo e comicità. Questa varietà di toni, peraltro collegati con sapienza nel corso di tutta l’opera, rende il film molto piacevole e tale da non annoiare lo spettatore. Philippe Gaston, infatti, con la sua tendenza a mentire e a esagerare anche nel riportare le notizie, e lo scalcinato monaco Pompeius che, senza volerlo, era stato la causa indiretta del malvagio sortilegio del vescovo, bilanciano, con la loro vena comica, il cupo dramma che avvolge la vicenda dei due protagonisti.

Continuamente sospeso tra dimensione onirica e dimensione fiabesca, Ladyhawke si segnala anche per il buon intreccio e l’originale colonna sonora, opera di uno dei membri degli Alan Parson Project, Andrew Powell.
Delicato, romantico, violento, avventuroso e tragico nello stesso tempo, è un piccolo gioiello da non dimenticare.
Voto: 9