Incertezza di ottobre

I colori non sono ancora questi, perché il verde continua a predominare. Ma l’atmosfera dell’inizio di ottobre è qui, indefinibile, polverosa. Si vive come in uno stato d’incertezza, col cielo che non sa decidersi, non sa scegliere un tono, un grigio che sia davvero tale. C’è soltanto una vaga idea d’azzurro stinto, e un blu cobalto smorzato dal nero, e un bianco opaco intento a soffocarlo. Non se ne coglie la direzione, non si comprende se vincerà il sole o se la pioggia allungherà le sue braccia per costringerci alla resa, fra quattro pareti, avvolti dal groviglio dei nostri pensieri.

Giorni di marzo

Marzo ha rispettato il suo copione. Si è presentato sfavillante di luce e di azzurro, con mandorli e ciliegi in fiore; poi, d’improvviso, ci ha sorpresi con un vento impetuoso, crudele nella sua sfrontata prepotenza. E oggi, finalmente, un cielo grigio chiaro, sbiadito, insignificante acquerello, accompagna la pioggia che cade adagio – presenza muta e riservata -, mentre il freddo rimanda all’inverno o, forse, a certi giorni di ottobre stanchi e malinconici, ma premurosi, garbati, pieni di riguardo.

Intanto qualcuno passa in bicicletta, incurante del tempo; altri si affannano sulla strada, rassegnati, senza ombrello.

Una giornata di ottobre

Oggi  è  stata  una  splendida  giornata  di  ottobre: il  primo  mattino  ha  mostrato  un  volto  freddo  e  cupo, con  un  cielo  scuro  e  severo  che  lasciava  presagire  soltanto  malinconia  e  sgomento; poi, prima  di  mezzogiorno, il  grigio  si  è  dissolto  al  sole, un  sole  pallido  e  incerto, timoroso  e  infinitamente  stanco. Dopo, nel  pomeriggio, la  svolta: la  luce  si  è  fatta  più  intensa  e  le  ore  sono  trascorse  tranquille, pervase  dalla  delicata  serenità  autunnale – smorzata, quieta, rispettosa.

Ottobre  è  questo: un  fluire  di  umori  inaspettati. E  poi  dissonanze, stupori, chiaroscuri.

Temporale a settembre

E  così  è  arrivato  anche  un  temporale: i  tuoni  e  la  pioggia  scrosciante  hanno  accompagnato  il  tardo  pomeriggio, oscurando  il  cielo. Ma  vi  è  una  strana  atmosfera  intorno, come  un  riflesso  giallastro  che  sembra  infondere  un  tono  particolare  al  grigio  che  permea  ogni  cosa.

Adesso  la  pioggia  appare  incerta. Il  suo  furore  iniziale  si  è  stemperato  in  una  danza  sinuosa  e  lenta, in  un  suono  delicato  e  misterioso. Sono  i  primi  regali  d’autunno: un  profondo  senso  di  pace, il  desiderio  di  ascoltare  se  stessi  all’infinito, il  raccoglimento  dopo  la  dispersione.

E  poi  sedersi, di  sera, mentre  la  pioggia  continua  a  cadere; sedersi  e  guardare  fuori, guardare  oltre  le  finestre, guardare  oltre  il  buio – immaginando  ciò  che  sarà.

Scuro di fine aprile

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Persino  a  primavera  capita  che  il  cielo  non  voglia  sorridere: d’improvviso,  aprile  dimentica  la  sua  consueta  cordialità  per  incupirsi  e  chiudersi  in  se  stesso, muto  e  tetro  nella  sua  inaspettata  malinconia. Ma  non  si  tratta  dell’oscurità  dei  giorni  d’autunno, quella  che  induce  a  ripiegarsi  e  ad  accettare  il  misterioso  sfacelo  della  vita. Ad  aprile, il  grigio  non  è  mai  così  profondo  da  imporsi  sugli  altri  colori, i  colori  delle  fantasie  più  intime  evocate  da  questa  luce  obliqua  che  sembra  trapassare  l’anima – trapassarla  e  condurla  là,  dove  non  esistono  né  grigi  né  confini.

Una giornata

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Il  pomeriggio  è  stato  tetro, di  un  grigio  non  troppo  cupo  ma  spento. Insignificante. Ed  è  impossibile cogliere  atmosfere  particolari  quando  persino  l’aria  sembra  mancare. Esistono  giornate  così, prive  di  colori, di  sapori, di  odori – giornate  senza  toni, senza  improvvisi  sussulti, senza  variazioni  degne  di  nota.

E  allora  non  si  può  inventare  nulla. Si  può  soltanto  ascoltare  lo  spegnersi  lento  delle  voci, mentre  la  sera  si  dissolve,  cauta  e  un  poco  incerta,  nell’oscurità  della  notte.

 

(Nell’immagine, un  particolare  di  Paolina  Clelia  Silvia  Bondi,  di  Vittorio  Matteo  Corcos, 1909)

 

Dolce novembre

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Oggi  è  il  grigio  chiaro  a  dominare, quel  grigio  tipico  dell’inizio  di  novembre. Questo  è  il  mese  in  cui  l’autunno  raggiunge  la  sua  massima  intensità  anche  nelle  sfumature  più  scure  e  nei  suoi  risvolti  più  cupi. Gli  alberi  sono  ancora  colmi  di  foglie, almeno  in  tanti  viali, perché  ottobre  è  cauto  e  dolce, e  non  ha  voluto  mostrare  in  maniera  esplicita  la  morte  della  natura. A  farlo  ci  penserà  novembre, che  non  può  più  permettersi  i  teneri  dubbi  del  mese  precedente.

Eppure, nonostante  tutto, anche  novembre  sa  essere  delicato  e rispettoso: spesso, infatti, alterna  giornate  di  lacrime  e  fango  a  momenti  di  pacata  e  misteriosa  luminosità. E, mentre  le  foglie  cadono  ininterrottamente  senza  più  esitazioni, ci  parla  con  infinita  grazia, ci  racconta  storie  di  un  tempo  lontano  narrandoci  preziose  verità.

 

L’autunno più intenso

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Sono  le  16:56. Nonostante  le  persiane  aperte, ho  dovuto  accendere  la  luce. Non  è  cosa  da  poco; al  contrario, è  un  segno  importante: con  il  ritorno  dell’ora  solare  e  con  il  grigio  diffuso  di  questa  giornata  spenta, si  avverte  che  stiamo  procedendo  verso  la  seconda  fase  dell’autunno, quella  in  cui  lo  sfacelo  della  natura, le  brume  e  l’oscurità  smorzano  ogni  illusione  di  luce.

Inizia  l’autunno  più  intenso, quello  profondamente  malinconico, l’autunno  ricco  di  enigmi  ma  anche  capace  d’inaspettati  sorrisi. Intanto, ottobre  ci  prepara  a  quello  che  accadrà; e  lo  fa  con  cautela, quasi  con  pudore. Ci  mostra  il  prevalere  delle  ombre  sulla  luce, ci  immerge  a  poco  a  poco  in  un’atmosfera  a  tratti  incolore  e  ci  indica  le  vie  per  resistere  al  gelo  che  verrà: pace  fra  le  mura  domestiche, lento  ritiro  nel  caldo  confortevole  di  una  stanza  allegra, placide  conversazioni  mentre  fuori  piove. Nell’insieme, permane  quel  senso  di  dolcezza  che  sempre  accompagna  l’autunno, anche  nelle  giornate  stanche  e  cupe.

Cambiamenti

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Si  sta  così, come  sospesi  in  questo  grigio  che  non  sa  d’inverno  ma  d’incertezza, di  passaggio, di  muto  intervallo  fra  un  periodo  e  l’altro. I  cambiamenti  non  sono  mai  facili: richiedono  tempo, fasi  di  mediocre  oscurità, un  po’  di  risentimento, qualche  lacrima  furtiva, lunghi  silenzi. Come  un  dormire  lento, con  qualche  brutto  sogno  e  il  corpo  troppo  indolenzito  per  reagire  all’opacità  che  regna  intorno.

Ogni anno, a ottobre

Ogni  anno, a  ottobre, mi  torna  in  mente  quest’immagine; così, non  posso  fare  a  meno  di  riprendere  in  mano  il  mio  vecchio  diario  di  Holly  Hobbie  per  guardarla. Quel  diario  mi  fu  regalato  durante  l’infanzia  mentre  mi  trovavo  in  vacanza  a  Sestri  Levante, in  Liguria. Fu  una  simpatica  signora  bergamasca, di  nome  Teresa,  a  donarmelo  per  il  mio  compleanno.

Per  me  ottobre  è  tutto  lì, in  quest’immagine  semplice  eppure  in  grado  di  parlare  all’infinito: i  rami  spogli  sono  il  freddo  e  la  tristezza  di  certe  giornate  cupe, sono  la  nostalgia  e  il  desiderio  di  chiudersi  in  casa, sono  la  desolazione  che  necessariamente  deve  seguire  all’estasi  di  luce  e  di  calore. La  bambina  che  si  prende  cura  del  gatto  è  però  un  segno di  affettività, un  segno  del  sentimento  che  pervade  l’atmosfera  autunnale  persino  nei  suoi  momenti  più  malinconici  e  spenti. È  speranza, nonostante  tutto.

Ma  quest’anno  i  rami  non  sono  spogli  e  le  foglie  sono  ancora  quasi  tutte  sugli  alberi. È  un  autunno  molto  mite, questo; è  un  ottobre  accarezzato  dal  sole, allegro  e  un  po’  sornione. Ieri  ho  passeggiato  lungo  viali  che, d’autunno, offrono  sempre  uno  spettacolo  da  non  perdere: misterioso  silenzio  e  foglie  dorate  felici  sotto  il  cielo  sereno.

Ottobre  racconta  storie  d’un  tempo  lontano, sussurrate  con  estrema  delicatezza  per  non  turbare  troppo. Eppure  le  racconta, non  può  tacere: per  me  l’autunno  è  sempre  un  ritorno  di  memorie  d’infanzia, come  la  primavera. Forse  perché  queste  due  stagioni  erano, nella  mia  esistenza  di  bambina,  le  più  importanti: la  prima  significava  la  fine  dell’estate  e  della  spensieratezza – vera  o  presunta  che  fosse – e  il  ritorno  al  grigio  asfittico  delle  aule  scolastiche; la  seconda, invece, era  la  rinascita, il  frenetico  pulsare  della  vita  con  le  corse  nei  parchi  e  i  fiori  a  rallegrare  ogni  fantasia. Erano  due  passaggi  fondamentali, due  periodi  memorabili  nel  bene  e  nel  male. Non  si  possono  dimenticare.

E  poi  quest’immagine. Come  ho  detto, c’è  sempre  stata, in  qualche  angolo  remoto  della  mia  mente  si  è  conservata  intatta. E  le  emozioni  che  l’accompagnano, a  dispetto  del  tempo  che  fugge  troppo  in  fretta  e  dell’età  adulta, sono  rimaste  sempre  le  stesse: forti, avvolgenti, d’una  profondità  rara. Certo, ora  con  molte  consapevolezze  in  più.