Giugno, caldo torrido e pensieri

Siamo  nel  pieno  del  caldo  torrido. Giugno  sembra quasi  sfaldarsi  sotto  il  peso  insostenibile  dell’afa, della  mancanza  di  vento, del  cielo  troppo  bianco  per  essere  gradevole, della  pianura  che  appare  più  squallida  e  insignificante  del  solito. Perché  non  vi  è  alcuna  bellezza  là  dove  manca  la  possibilità  di  respirare.

Allora  tornano  in  mente  le  colline  e  le  montagne, con  i  loro  profili  immobili  e  sereni, con  quel  senso  di  pace  e  di  libertà  che  regalano  in  qualsiasi  momento  del  giorno. E  torna  alla  mente  lo  sguardo  perso  a  contemplare  l’orizzonte  e  poi  il  cielo, quel  cielo  che  non  è  mai  monotono  e  incolore  ma  azzurro  sfolgorante, quel  cielo  che  appare  immenso  ma  senza  infondere  alcun  timore – come  fosse  un  abbraccio  da  un  altro  mondo.

Concretezza, moderazione e autoironia

Concretezza, moderazione, autoironia: qualità  utili  per  vivere  bene  e  per  evitare  di  danneggiare  troppo  il  nostro  prossimo. Ci  si  rifletta  profondamente, perché  ne  vale  la  pena.

Sul  piano  paesaggistico  ed  estetico, le  colline  sono  uno  splendido  esempio  di  moderazione. Buona  domenica  a  tutti.

Canto d’estate

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Fuoco  sulle  colline  immobili: il  pomeriggio  rovente, i  pensieri  fermi, il  sonno  faticoso  e  stanco. Scarni,  distratti, spenti  i  ricordi; e  gli  affanni  dietro  le  finestre  chiuse  e  il  buio  a  fare  compagnia,  e  il  non  vedere  e  il  non  sapere.  Il  vento  è  lontano, il  vento  è  una  chimera; e  la  vita  è  un  sogno, un  sogno  che  brucia  d’estate, un  sogno  sulle  colline  immobili – e  il  niente  dello  scorrere  lento.

(Nell’immagine il  dipinto  Campagna  toscana  con  grano, del  maestro  Roberto  Bernabini)

Piove

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Piove. Piove  col  vento  di  marzo, furibondo  e  impietoso. Piove  sulle  strade  vuote  e  stupefatte, piove  sui  muri  stanchi  e  troppo  grigi, piove  negli  angoli  più  cupi  di  vie  sempre  uguali  a  se  stesse. Piove  nei  giardini  addormentati  di  ville  abbandonate  e  silenziose; piove  lungo  gli  argini  dei  fiumi  inquieti, sui  sentieri  di  montagna  troppo  scuri, sulle  colline  timide  e  assorte. Piove  sui  nostri  pensieri, piove  per  darci  il  tempo  di  riflettere, piove  senza  tregua. Piove  da  ore  e  ore, senza  interruzione.

Sulle colline

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D’estate, quando  nel  primo  pomeriggio  ogni  voce  svanisce  dissolta  dall’afa, le  colline  splendono  senza  alcun  timore  sotto  il  sole  rovente.  Noi  ci  chiudiamo  in  stanze  scure,  mentre  là, oltre  le  pareti  spesse  di  una  vecchia  casa  in  mezzo  ai  campi, i  sentieri, i  fiori, i  prati  e  gli  alberi  si  abbandonano  con   fiducia  al  sole  restando  immobili, sereni, più  che  mai  vivi – e  senza  cedimenti. Estate,  carezza  ardente  per  le  colline  che  nulla  temono, che  aspettano, che  tutto  sanno  e  tutto  comprendono.

 

Il sole di maggio

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Il  sole  splende  senza  insicurezze, sole  di  maggio  pieno  di  vita, allegria  di  tarda  primavera, serenità  priva  di  ombre. Si  vorrebbe  essere  altrove: in  mezzo  a  un  campo  colmo  di  fiori, sotto  alberi  finalmente  esultanti  o  lungo  un  sentiero  a  perdersi  per  ore,  immaginando  altri  spazi  e  ciò  che  non  verrà.  Attraversare  colline  e  colline, attendere  il  tramonto, riconoscere  passi  conosciuti, sentire  parole  mai  udite  prima. Questo  dovrebbe  essere  maggio  almeno  una  volta.

 

Splendore d’estate

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Lo  splendore  dei  campi  dorati  e, sullo  sfondo, le  colline  pigre  e  soddisfatte  come  ogni  anno  all’inizio  dell’estate. E  poi  il  vento  sui  capelli, quel  vento  complice  e  strano  che  porta  ricordi: tornano  così  altre  estati, altri  campi  dorati, altre  colline  felici  al  sole.

Ci  fu  un  tempo  in  cui  giugno  rappresentava, per  me,  un  cancello  aperto  verso  la  libertà, la  libertà  di  correre, urlare, sognare  senza  costrizioni. Ed  erano  lunghi  interminabili  pomeriggi, lente  silenziose  passeggiate, fantasie  senza  fine  davanti  all’oro  del  grano  maturo. Sapevo  che  luglio  sarebbe  stato  rovente  e  impietoso,  ma  non  lo  temevo. Non  lo  temevo  perché  lo  splendore  dell’estate  era  l’immobile, appagante, ingenuo  splendore  delle  speranze.

 

(L’immagine  è  tratta  da: http://www.primitiveart.it/community/art-photos-full-hd-pag-2.html)

Incantesimo di primavera

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A  quest’ora, nel  primo  pomeriggio, le  colline  sembrano  assopite  sotto  il  sole  stanco,  privo  d’entusiasmo  eppure  tranquillo. Il  silenzio, il  profumo  dei  fiori  e  l’aria  distratta  formano  uno  strano  incantesimo: si  guarda  in  lontananza, si  guarda  oltre  l’apparenza  e  si  coglie  l’invisibile. Questo  è   il  privilegio  di  chi  non  ha  mai  smesso  di  sognare.

(Nell’immagine  il  dipinto  Donna  al  balcone, di  Federico  Zandomeneghi)

L’estate

In  fondo  l’estate  è  anche  questa: aspettare, rallentare, perdersi  nel  verde  intenso  delle  colline  e  dei  pensieri. Si  vorrebbe  che  i  sogni  fossero  realtà  e  che, dopo  i  tramonti  infuocati, giungesse  il  fresco  della  notte  a  consolarci  delle  troppe  ore  di  caldo  e  di  vuoto. Ma  le  notti  d’estate  sono  spesso  impietose – lunghi  intervalli  in  cui  perdersi  nell’oppressione  d’un  silenzio  senza  respiro.