Ieri ho pensato che mi piacerebbe creare una nuova categoria su questo blog. Poi mi sono chiesta che senso abbia, visto che i blog sono ormai cadaveri, uccisi dallo strapotere dei social network.
Quando aprii questo spazio, nel lontano 2007, intorno ai blog c’era un fervore che oggi si fatica persino a immaginare. I blog incuriosivano, suscitavano stupore, affascinavano e si moltiplicavano con grande rapidità. Molti, però, morivano in fretta, perché aggiornarli richiede tempo, dedizione, costanza e amore per la scrittura.
Scrivere un post, anche molto breve, è un fatto ben diverso dal chiacchierare su Facebook o dal pubblicare una foto e un commento su Instagram. Un blog è impegnativo, anche quando è concepito soltanto come semplice svago rivolto a una piccola platea di lettori. Non stupisce, quindi, che i social network siano molto più attraenti: noi blogger, ormai, siamo obsoleti come le care, vecchie, splendide cabine telefoniche.
Però…
Però un blog resta comunque un bel modo di stare sul web, una maniera tutta particolare di esserci. Una maniera tutta mia, che mi riconduce a tanti anni fa. Ricordo che, durante l’infanzia, amavo molto scrivere pensieri accompagnandoli a disegni e a colori, tanti, tanti colori, che sono sempre stati una mia fissazione, un’esigenza vitale.
A parte il fatto che, da bambina e non solo, facevo terribili stragi di quaderni, perché ne consumavo in quantità quasi indecenti, a un certo punto presi anche l’abitudine di creare da sola piccoli libri, unendo fogli bianchi. E lì mi sfogavo: disegni e parole, parole e disegni, e poi colori, colori, colori a non finire.
Direi che è tutto chiaro, che non ci sono dubbi: questo blog non è altro che la ripetizione, in nuove forme e in un’altra età, di ciò che facevo allora. Non che questo abbia importanza per chi mi legge; però è interessante notare che, a un certo punto della vita, in qualche modo succede di ritrovare sé stesse: dagli abissi della propria interiorità emerge ciò che si credeva sepolto per sempre, ciò che si reputava morto e che invece era soltanto addormentato, in attesa che qualcuno o qualcosa lo risvegliasse. Gi anni passano, tutto muta, ci trasformiamo, ma la nostra essenza più profonda resta intatta.
Probabilmente è per questo che, dopo ben diciassette anni di blog, mi capita di alzarmi un giorno e di pensare a introdurre una nuova categoria per i miei post. I blog sono obsoleti, è vero, ma io non so rinunciare al mio gioco preferito: non so rinunciare a me stessa, ecco.