Ore 16:39. Inizio a scrivere questo post felicemente seduta alla mia scrivania, mentre la quieta luminosità del pomeriggio filtra attraverso i vetri delle finestre chiuse. Il momento è magico: è quel prezioso, indecifrabile, delicato intermezzo tra una stagione e l’altra, pervaso da una calma dolcezza che invade lo spirito lasciandolo sereno e stupefatto.
Ore 16:54. All’inizio di dicembre, a quest’ora era già buio. Oltre i vetri delle finestre, era una lunga, estenuante notte, dispensatrice d’insondabili misteri e custode di tanti segreti. Era l’introversione pura, la necessità di ritirarsi in se stessi, il desiderio di tacere e raccogliersi, l’amore per le stanze chiuse. Adesso, la luce sicura ma non troppo intensa è invece un invito a pensare e, nel contempo, a uscire, a raggiungere il mondo, a prendere ciò che può offrire.
Ore 17:01. Si pensa ai prati, alle prime viole, al primo grande amore, a fuggire verso la spensieratezza. Ma poi, da brave persone abituate a rispettare i propri doveri e a recitare la parte che ci è stata assegnata, si torna ai consueti impegni, al solito copione. In attesa che la primavera dispieghi tutti i suoi doni.