La scorsa domenica, sotto un cielo così stinto da evocare frammenti di memorie autunnali, ho fatto una passeggiata lungo il parco che divide viale Muratori da viale Martiri. È uno di quei parchi che io definisco all’antica, perché è grande, pieno di bellissimi alberi e di normali panchine, a differenza di certi orrori sorti più di recente.
Il parco è una sorta di raccordo fra il quartiere Buon Pastore e il centro storico. Io lo raggiungo a piedi in dieci minuti. Qualche foto:
Ci si sveglia sotto un cielo scialbo – ma non esiste il cielo; e la pioggia, la pioggia primaverile, quella trasparente – si stenta a indovinarne la presenza. La grazia di aprile è tutta qui, nel canto delle foglie bagnate, lungo i viali che non osano parlare – le voci sono niente.
Noi c’incontriamo sotto gli alberi – e dimmi che è vero.
Questa mattina sono andata in centro storico a piedi, perché una camminata di dieci minuti è per me un’inezia o quasi. Però al momento del ritorno ho deciso di prendere l’autobus, la chiara prova che sto perdendo qualche colpo.
Dal centro, per tornare a casa posso prendere sia il vecchio, gloriosissimo, mai abbastanza amato 6, sia il 5. Di solito prendo il 6: il viaggio dura al massimo 3 minuti, perché il bus passa lungo viale Buon Pastore; col 5, invece, il viaggio si allunga un po’, ma l’autobus mi porta comunque a due minuti da casa. Oggi ho scelto il 5 e l’ho preso in viale Vittorio Veneto:
Dalla fermata, verso sinistra, c’è largo Aldo Moro:
Verso destra, invece, ecco il viale, spoglio e malinconico sotto il cielo invernale:
Quando sono salita sul bus ho avuto una sorpresa: era vuoto. Così mi sono trovata a essere l’unica passeggera, e questo mi ha spinta a girare un piccolo video del viaggio verso casa. Il video mostra una serie di viali e di strade che uniscono il centro storico alla prima periferia della città. Ho cominciato a girarlo in viale Muratori, da cui siamo subito passati in viale Martiri della Libertà. Qui sono saliti i primi passeggeri. Proseguendo lungo viale Martiri, a un certo punto abbiamo girato a destra per raggiungere via de’ Fogliani, una strada che ho citato altre volte e che collega il quartiere Buon Pastore al centro storico. Al termine di via de’ Fogliani abbiamo svoltato a sinistra lungo viale Carlo Sigonio e poi di nuovo a destra, lungo strada Morane. Qui sono scesa alla prima fermata, ho percorso alcuni metri e ho girato ancora a destra, stavolta lungo via Peretti, dove ho smesso di filmare. Chi desidera percorrere con me questo breve tour, non deve fare altro che guardare il video: un minuscolo pezzetto di città, prigioniera dello squallore di febbraio.
Le giornate di ottobre, quelle vere, sono un capolavoro di elusività. Il cielo incolore e immobile sembra temporeggiare annoiato, come fosse esausto, incapace di scelta, o soltanto impigliato in un’attesa colma d’inafferrabili tensioni. Le foglie cadono e i viali cominciano a mutare colore – macchie dorate sull’asfalto, ad ammorbidire la spietatezza di strade troppo monotone e affrante per fingere compassione.
Le giornate di ottobre, quelle vere, sono un capolavoro di fiochi richiami, di preziosi ricordi – e quei pomeriggi, quei pomeriggi di tanti anni fa, quando l’autunno ci avvolgeva ancora di sogni e di calore, come a non voler finire, come a non voler sapere.
Il sole sta accompagnando questi ultimi giorni d’autunno, dopo la pioggia che ha trasformato ogni cosa. A predominare è il giallo delle foglie sui marciapiedi, lungo i viali del parco, sugli alberi che ancora non sono spogli. Ma il rosso è ormai quasi scomparso, quel rosso acceso che riveste i cespugli durante il mese di ottobre, quando l’autunno è un’armonia di sfumature audaci e l’inizio di un mistero infinito.
Alla fine di novembre, l’autunno assume un tono solenne e un umore quasi tetro. Se ne comprende tutta l’importanza, se ne afferra tutta la grandezza; eppure il suo enigma resta intatto, come fosse un richiamo verso l’eternità.
Ma ora è dicembre, il mese della festa. Il centro storico è addobbato come non mai: sembra un gioiello prezioso quando l’oscurità del pomeriggio si affanna a ricoprirlo, e le luci si accendono per sfidare la notte e il gelo. Natale comincia mentre l’autunno si dissolve adagio, una mattina dopo l’altra, fra la nebbia o la pioggia. E si dissolve composto, calmo, silenzioso, così com’è arrivato.
Il freddo intenso ha fatto la sua comparsa: in appennino la neve è alta e qui in pianura le mattine e le notti sono gelide. Eppure l’atmosfera resta autunnale: quando le giornate sono quiete e luminose, camminare lungo i viali ancora ricoperti di foglie dorate diventa poesia, una poesia calata nella banalità del quotidiano. Ed è questa la magia dell’autunno, quella magia che le altre stagioni non possono vantare: l’autunno, generoso, riesce a trasformare persino la via più insignificante e l’angolo più oscuro in uno scorcio indimenticabile.
Sotto questo cielo indefinito e stanco – pallida incertezza di grigio e di bianco -, ottobre è il silenzio, l’austero silenzio che accompagna ogni passo. Lungo i viali, tra le foglie impassibili e il ricordo confuso di ciò che eravamo.
E così anche agosto se ne sta andando. Però, almeno qui, sembra di trovarsi ancora a luglio. Oggi le temperature sono molto alte e l’umidità non dà tregua, tanto che, mentre sto scrivendo, le persiane della mia stanza sono chiuse. Ma resta il fatto che l’ultimo mese d’estate sta scivolando via, mentre le giornate continuano ad accorciarsi regalandoci il segnale di un passaggio inevitabile.
Non è facile cogliere quel delicato, sfuggente declino che ci accompagna adagio verso la stagione delle foglie morte – la stagione più misteriosa e commovente dell’anno. Ma alcuni di noi sanno osservare, quasi sempre in silenzio, le suggestioni più remote che annunciano l’autunno. E allora si immagina ciò che sarà: il progressivo contrarsi dei pomeriggi, la luce del giorno sempre più fioca eppure generosa, i viali dignitosi e muti mentre le foglie se ne vanno senza alcun lamento. E poi il vento, la pioggia, la nebbia, i ricordi.
(Amatrice durante l’autunno. L’immagine è tratta da: siviaggia.it)
Oggi è il grigio chiaro a dominare, quel grigio tipico dell’inizio di novembre. Questo è il mese in cui l’autunno raggiunge la sua massima intensità anche nelle sfumature più scure e nei suoi risvolti più cupi. Gli alberi sono ancora colmi di foglie, almeno in tanti viali, perché ottobre è cauto e dolce, e non ha voluto mostrare in maniera esplicita la morte della natura. A farlo ci penserà novembre, che non può più permettersi i teneri dubbi del mese precedente.
Eppure, nonostante tutto, anche novembre sa essere delicato e rispettoso: spesso, infatti, alterna giornate di lacrime e fango a momenti di pacata e misteriosa luminosità. E, mentre le foglie cadono ininterrottamente senza più esitazioni, ci parla con infinita grazia, ci racconta storie di un tempo lontano narrandoci preziose verità.
Non si è mai sazi di foglie gialle sugli alberi, di foglie morenti sui prati, di foglie rosse sull’asfalto scuro, di foglie nei sogni e nei ricordi. C’erano pomeriggi freddi senza il conforto del sole, e foglie lungo i viali, foglie agli angoli delle strade, e poi il vento a straziarle e a condurle lontano. Erano brividi improvvisi, strani presentimenti, fantasmi senza nome, il desiderio di sparire, il desiderio di restare.
Non si è mai sazi di foglie dorate nei pensieri, di questo sfacelo che prosegue adagio, di questo dissolversi lento, di questa dolcissima estenuante tortura.