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Dall’alto
Capita di guardare la strada dall’alto, da un balcone, da una terrazza; ed è sempre la stessa strada, quella che si percorre quasi ogni giorno, quella ormai scontata, immobile spettatrice di innumerevoli esistenze. Però, vista così, da una diversa prospettiva, assume contorni inaspettati e una vita propria.
È trovarsi in alto a fare la differenza, è quell’essere sospesi fra terra e cielo, fra spirito e materia – e poter osservare con distacco, forse con indifferenza, chi, su quella strada, continua ad affannarsi.
Di giornate senza vento
Lunghissime giornate senza vento – e si resta sospesi fra terra e cielo. Si vorrebbe che non avessero mai fine, come i campi che si perdono all’orizzonte, come certi pensieri ossessivi e lenti.
Di certi prati si conoscono persino i segreti che, in fondo, sono sempre gli stessi, anno dopo anno, estate dopo estate. Ma sono gli alberi a infondere sicurezza, a offrire ombra e ristoro, a regalare pace e serenità. Senza chiedere nulla in cambio.
(Nell’immagine il dipinto Case di Pannocchio a Castiglioncello, di Odoardo Borrani)
Brivido d’eternità
Fra terra e cielo
Desiderio
Dentro se stessi
Quando d’improvviso giungono le nuvole e, minacciose, iniziano a percorrere il cielo oscurando l’azzurro, è inutile fingere di non vederle: occorre alzare lo sguardo con coraggio, fissarle e osservarne tutte le sfumature senza lasciarsi sfuggire nulla. Soltanto così, quando gli occhi torneranno a posarsi sulla terra, avranno una luce differente.
Si possono scoprire allora verità inaspettate, sconosciute ai più. Si può scoprire che l’intensità di un dolore regala all’esistenza sfumature sorprendenti, un groviglio d’emozioni prezioso nella sua straordinaria unicità. Si può scoprire che la disperazione è la via verso la comprensione, e che non bisogna temere di sapere, d’interrogarsi e di procedere oltre. Si può scoprire che raccontarsi favole per eludere i colori della realtà è un errore di cui, prima o poi, si pagheranno le conseguenze.
Infine si può scoprire che niente vale quanto la conoscenza di se stessi e il rispetto per ciò che si è.
(In foto Le nuvole di John Constable)
Cara terra mia
Nel corso degli anni, il Festival di Sanremo non ci ha risparmiato nulla: stecche a profusione, canzoni orrende o ridicole o insensate, deprimenti banalità e altro ancora che per fortuna mi sfugge.
Nel 1989, gli italiani ascoltarono una delle canzoni più brutte che mai furono concepite da mente umana, almeno nella nostra amata Penisola. A cantarla furono Al Bano e Romina e, chissà per quali reconditi motivi, ciò non mi stupisce. A differenza dei precedenti capolavori della coppia, tutti incentrati sull’amore eterno e le gioie della famiglia, tale canzone affrontava i gravissimi problemi dell’inquinamento e dei disastri ecologici che affliggono il globo; tuttavia, se c’è una cosa che determinati cantanti dovrebbero evitare come la peste bubbonica è il presunto “impegno”, perché il risultato che ottengono è come minimo sconcertante.
Questa gemma preziosa dell’italica musica, intitolata Cara terra mia, lasciò di stucco anche i più pessimisti e disincantati fra gli spettatori del Festival. Alcuni non si ripresero mai del tutto e il loro pessimismo aumentò fino a sfociare in tentativi autolesionistici; altri, i più miti e ottimisti, scelsero di abbandonarsi a una patetica illusione, convincendosi per molti anni che l’agghiacciante canzone fosse soltanto un buffo scherzo di carnevale. Ci fu poi chi decise di affrontare il grave danno emotivo ricorrendo agli psicologi.
Passiamo ora a qualche dato concreto. Si possono forse dimenticare i versi con cui Cara terra mia inizia? No, non si può, sono incancellabili, sono entrati nel nostro inconscio e non ne usciranno più. Eccoli:
come va, come va? Tutto ok, tutto ok?
Proseguiamo poi con una parte “impegnata”:
“ogni sera dal telegiornale
vedo che c’è tutto che non va.
Mafia, droga e gente che sta male.
E la colpa di chi mai sarà….”
Se posso permettermi, la colpa del fatto che c’è tutto che non va è anche di gente che ha il coraggio di presentarsi su un palco e di cantare certe amenità. La rima di quest’ultima frase, visto il contesto, è puramente voluta.
Ascoltare Cara terra mia nella sua interezza può produrre un effetto contrario rispetto agli intenti della ex coppia felice: la canzone, infatti, stimola il desiderio d’inquinare il pianeta senza freni né rimorsi, per puro spirito di vendetta, e quindi si raccomanda di ascoltarla con prudenza. Si astengano invece dall’ascolto i più sensibili, i depressi e i cardiopatici.
Abbandono
In certi pomeriggi d’autunno, quando il sole è pallido oppure il cielo appare irrimediabilmente grigio, mi assale talvolta il desiderio di fermarmi, di abbandonarmi a quiete ore d’ozio, per pensare, per ricordare, per non dimenticare.
Poi vorrei fuggire e immergermi nella natura, perdermi tra le foglie dorate e la terra marrone, nell’atmosfera di silenzioso sfacelo che avvolge lo spazio tutt’intorno.
Vorrei rubare il segreto dell’autunno e renderlo parte di me, fino al tramonto della vita.