Essendo terminato luglio, ricomincio a scrivere con gioia nonostante il caldo. Non che agosto ci stia riservando un clima gradevole; tuttavia, questo è il mese che precede settembre e ciò significa che ci stiamo lentamente avvicinando al declino dell’estate, cioè del forno. Perché di forno si tratta.
Ricordo le mattine, i pomeriggi e le sere d’agosto in montagna e in un passato ormai remoto. All’epoca, era difficile riempire le giornate perché sembravano infinite, un flusso inarrestabile di ore che si susseguivano adagio, così adagio che, talvolta, avevo quasi l’impressione che il tempo si fermasse.
È ancora nitido nella mia mente il ricordo di un pomeriggio di agosto. Avevamo pranzato e, insieme alle mie cugine, eravamo rimaste in cucina a parlare. A un certo punto, credendo che fosse trascorso parecchio tempo perché la conversazione era stata molto lunga, guardai l’orologio posto su una mensola e vidi che erano le 13:50. Rimasi di stucco, quasi non volendo credere ai miei occhi: perché il tempo era trascorso con tanta, esasperante lentezza? Avevamo ancora un intero pomeriggio da inventare. Perché sì, era proprio questione d’inventarselo, il pomeriggio: occorreva trovare passatempi, divertirsi e cercare di non sprecare tutto quel sole, quella luce, quell’impetuoso desiderio di vivere – lo sconcertante fiume in piena che è l’adolescenza.
Per fortuna, arriva un’età in cui il fiume non è più in piena, ma scorre placido e tranquillo, saggio e disincantato. E allora anche agosto non è più lo stesso, ma assume un volto differente: agosto è l’estate matura, al culmine del suo splendore e perciò vicina ai primi, lievissimi segni di decadenza. Segni impercettibili, che sfuggono ai più e che possono essere catturati soltanto dagli sguardi più intensi, dagli occhi infaticabili di chi sa osservare in profondità.