Traduzioni ‘creative’

latino

Ieri  è  stata  una  giornata  grigia  che  più  grigia  non  si  può, color  antracite, scurissima  e  disperata. L’ingresso  dell’inverno, insomma, con  tutte  le  sue  caratteristiche  più  dure. Così, per  cercare  di  adattarsi  alla  stagione, conviene  divertirsi  un  po’  e  sorridere.

Liceo  classico, primo  anno, compito  in  classe  di  latino. Il  mio  amico  Andrea, al  termine  del  compito, volle  controllare  con  me  la  sua  traduzione. C’era, in  quella  versione, una  frase  facilissima che  chiunque  avrebbe  saputo  tradurre  senza  dizionario; tuttavia, nonostante  ciò, il  mio  amico  si  scatenò  in  una  traduzione  creativa  che  non  ho  più  dimenticato. La  frase  era  questa: Pompeius  hastam  iecit. Traduzione  corretta: Pompeo  scagliò  la  lancia.

Come  ho  detto, la  frase  era  di  una  semplicità  estrema – soggetto, verbo  e  complemento  oggetto. Ma  il  mio  amico, tutto  giulivo  nonché  disinvolto,  se  ne  uscì  con  questa  traduzione: a  Pompeo  l’asta  gli  si  avvinghiava  intorno. Impossibile  descrivere  la  mia  reazione  dopo  aver  sentito  questo  capolavoro: so  solo  che  quasi  mi  piegai  in  due  dalle  risate, mentre  Andrea, per  nulla  sconvolto  dall’errore  commesso, rise  a  crepapelle  insieme  a  me. Beata  gioventù!

E  voi  avete  ricordi  di  scuola  particolarmente  buffi?

Per ricominciare

Riemergo  faticosamente  dopo  alcuni  giorni  di  malattia: febbre, dolori  articolari  molto  forti, mal  di  gola  e  raffreddore, con  conseguenti  notti  insonni, abbattimento  e  debolezza. Insomma, non  ero  in  condizioni  tali  da  poter  scrivere  in  maniera  decente.

Sono  le  19:03  e, guardando  fuori  dalla  finestra, mi  accorgo  che  la  sera  sta  calando. Provo  uno  strano  effetto  perché  mi  sembra  che  l’estate, con  le  sue  troppe  ore  di  luce, sia  finita  soltanto  ieri. In  realtà, l’autunno  è  cominciato  da  un  po’  e  ottobre  è  il  mese  delle  ombre  che  avanzano  senza  sosta, mute  ma  costanti  nel  loro  incedere  fuori  e  dentro  di  noi.

Di  ottobre, fra  le  altre  cose, mi  piacciono  le  serate  lunghe, quelle  serate  in  cui  si  avverte  il  desiderio  di  starsene  chiusi  in  una  stanza   a  pensare, scrivere, divertirsi   nel  modo  in  cui   si  preferisce, e  ci  si  sente  stranamente  cullati  dall’oscurità  che fuori, oltre  le  pareti, avvolge  la  città  tutt’intorno. L’oscurità  che  spegne  i  clamori, che  calma  gli  animi, che  tutto  rasserena. E  ottobre  come  una  porta  aperta  verso  l’invisibile  e   verso  le  nostre  profondità  più  inaccessibili.

Domani  ricomincerà  la  settimana  e  ci  si  dovrà  nuovamente  abituare  ai  consueti  ritmi. Allora  è  meglio  ricominciare  ridendo. Come? Semplice: basta  guardare  cosa  può  accadere  a  un  esame  universitario  di  storia  dell’arte  se  lo  studente  è  un  tipo  un  po’  stravagante. Be’, non  proprio  un  po’, ma  molto, molto  stravagante:

I rancorosi-social e l’estroverso-patologico

rabbia

Una  delle  tante  caratteristiche  di  Facebook  è  la  presenza, in  esso, dei  cosiddetti  rancorosi-social. Eh  sì, su  Faccialibro  non  abbondano  soltanto  i  profeti  intenti  a  dispensare  pillole  di  saggezza  alle  povere  pecorelle  smarrite, ma  c’è  anche  una  nutrita  schiera  di  individui  che  usa  il  mezzo  per  sfogare  ira  e  rabbia   verso  persone  come  amici, ex  fidanzati/e, ex  compagni di  scuola, parenti  e  affini.  Che  ciascuno  di  noi, nella  vita,  prima  o  poi  provi  rabbia  e  rancore  verso  qualcuno, è  un  dato  noto; e, lasciando  da  parte  inutili  moralismi,  è  naturale  volersi  vendicare  di  qualche  torto  o  volersi  sfogare  a  parolacce. Solo  che  tutti  questi  sentimenti, senza  dubbio  legittimi  e  umani, vengono  inevitabilmente  banalizzati  se  ridotti  al  linguaggio  tipico  di  Faccialibro, cioè  alle  solite   frasette  sentenziose,  e  possono  suscitare – ahimè – qualche  risata.

Il  rancoroso-social  si  alza  di  mattina  abbastanza  torvo  e, dopo  aver  trangugiato  malamente  il  cappuccino  della  prima  colazione, rischiando  di  soffocarsi  per  la  rabbia  che  cova, si  collega  a  Faccialibro  col  cellulare  o  con  lo  smart-qualcosa, e  digita  in  fretta  il  pensiero  che  non  riesce  a  tenersi  in  corpo, condividendolo generosamente  con  tutti  gli  abitanti  del  globo.

Alcuni  esempi  di  frasi  tipiche  del  rancoroso-social:

– tanto  lo  so  che  mi  leggete, ma  io  non  ho  paura  di  nessuno! (Rancoroso  appartenente  alla  sottospecie  del  coraggioso-social).

– tanto  la  ruota  gira  e  quello  che  è  capitato  a  me domani  toccherà  a  voi! (Della  serie: chi  la  fa, l’aspetti! Questo  è  il  rancoroso  jettatore)

– non  credere  che  non  me  ne  sia  accorto/a! Ci  siamo  intesi, eh! (Rancoroso  in  salsa  criptica: sa  di  essere  su  Faccialibro, sa  che  l’umanità  lo  guarda, e  quindi  sì, vuole  che  gli  altri  sappiano, ma  anche  no, che  non  sappiano  fino  in  fondo)

– ci  sono  delle  persone  che  fanno  sempre  una  doppia  faccia, ma  io  me  ne  frego! (e  se  te  ne freghi, perché  allora, di  grazia,  lo  scrivi  qui?)

– non  farti  illusioni  se  hai  1000  amici  su  Facebook! Gesù  ne  aveva  solo  12  ed  è  stato  tradito. (Rancoroso  pessimista  affetto  da  manie  religiose)

– potete  accusarmi  di  tutto, ma  non  di  mentire. Io  sono  sempre   sincero/a  e  perciò  vi  dico  in  faccia  ciò  che  penso  di  voi! (Sì, sì, in  faccia  lo  dici, cioè  su  Faccialibro)

– c’è  della  gente  che  non  sa  quello  che  dice! Ma  io  tiro  dritto  per  la  mia  strada! (E  fai  bene! Pensa  un  po’  se  tirassi  storto!)

 

Su  Faccialibro  è  presente  anche  un’altra  tipologia  di  utente: il  social-viveur  altrimenti  detto  estroverso-patologico. Costui  vuole  dimostrare  al  mondo  intero – che  in  effetti  avverte  l’esigenza  di  tale  dimostrazione – di  essere  un  soggetto  che  partecipa  a  tante  feste, che  si  riunisce  con  caterve  di  amici, che  trascorre  l’esistenza  fra  un  divertimento  e  l’altro  e  che  ride, ride  sempre, non  smette  mai  di  ridere. Allora  che  fa? Semplice: pubblica  a  raffica  le  foto  delle  cosiddette  feste  cui  partecipa. Attenzione, però: non  sto  parlando  di  chi  pubblica  un  po’  di  simpatiche   fotografie;  mi  riferisco  a  quelli  che, per  ogni  singola  festicciola  alla  quale  partecipano,  pubblicano  un  intero  book  fotografico, un’orgia  incontenibile  di  fotografie  che  li  ritraggono  in  tutte  le  situazioni  possibili  pur  di  eternare  la  magnificenza  di  simile  riunione: foto  vicino  all’amico  con  birra  in  mano, poi  con  un  bicchiere  di  vino  e, in  seguito, con  un  pezzo  di  pizza  nella  medesima  mano; successivamente, foto  con  dito  indice  puntato  verso  una  una  specie  di  torta, e  almeno  due  o  tre  foto  ancora  con  il  medesimo  dito  puntato  verso  i  resti  di  un  panino  e  alcuni  tramezzini; a  seguire  altre  foto  con  l’amico  che  gli  fa  le  corna  sulla  testa  e  con  tutti  gli  altri  amici  che, a  turno, si  esibiscono  nel  medesimo  rito  delle  corna. Non  può  mancare, ovviamente, la  foto  clou  della  serata, quella  in  cui  sono  tutti  sdraiati  a  mucchio  sul  divano, quasi  uno  sull’altro.

Ecco, dopo  aver  visto  un  centinaio  di  foto di  questo  tipo,  sorge  il  sospetto  che  al  social-viveur  o  estroverso-patologico  non  interessi  nulla  della  festa  in  sé, ma  che  vi  abbia  partecipato  al  solo  di  scopo  di  fare  le  foto  per  postarle  poi  su  Faccialibro.

L’estroverso-patologico  non  teme  di  mostrarsi  Urbi  et  Orbi  nella  propria  intimità. Ne  ho  visto  uno – lo  giuro, non  sto  mentendo –  sdraiato  sul  suo  letto  in  pigiama, coi  piedoni  in  primo  piano  e  alcuni  piatti  di  vari  cibi  accanto  a  sé, anch’essi  sopra  al  letto; e  poi, in  un  angolo, la  visione  mistica: una  porta  aperta  sul  bagno  e, in  bella  vista, il  trono, altrimenti  conosciuto  come  water.

Il profeta-social e le perle di saggezza

baci

Una  delle  caratteristiche  più  divertenti  di  Facebook  è, a  mio  parere,  la  presenza  di  alcuni  soggetti  che, elettrizzati  dalle  loro  bacheche,  dispensano  all’umanità  consigli  in  salsa  mistico-religiosa  o, più  genericamente, spirituale:  si  tratta  dei  soggetti  da  me  ribattezzati  profeti-social. Costoro  scrivono  brevi  sentenze, con  tono  sicuro  e  assertivo, sentendosi  investiti  da  un  ruolo  fondamentale: indicare  la  via  alle  pecorelle  smarrite, mostrare  il  sentiero  della  Verità, convincere  che   qui  c’è  Lui (no, non  Dio  in  persona, ma  il  profeta-social) che  c’informa  ogni  giorno  su  come  sia  facile  procedere  nel  difficile  sentiero  dell’esistenza. Il  problema  di  questo  sentenziare  è  che  argomenti  tanto  profondi  e  delicati, se  ridotti  in  pillole  o  frasette  da  baci  Perugina,  suscitano  a  volte  il  sadico  desiderio  di  ribattere  senza  pietà.

Il  profeta-social  scrive  con  invidiabile  puntualità  di  mattina, aggiornando  in  fretta  il  suo  status, per  far  sì  che  gli  amici  di  Faccialibro  non  perdano  le  sue  sublimi  sentenze. D’altra  parte, in  quanto  profeta, deve  pure  aiutare  l’umanità  indicandole  la  retta  via, no? Ebbene, il  profeta-social, in  genere  immortalato  in  foto  che  lo  mostrano  di  fronte, impettito  e  spesso  pure  con  la  cravatta,  se  ne  esce  tutto  giulivo  con  frasi  di  questo  tipo:

– vivi  questo  giorno  meraviglioso  come  un  dono  inestimabile ! (se  questo  giorno  sarà  meraviglioso, saprò  dirtelo  stasera. Adesso  mi  sembra  un  po’  presto  per  simili  valutazioni, ti  pare?).

– Dio  ti  ama ! Sappilo! (per  fortuna! Non  oso  pensare  cos’altro  mi  potrebbe  accadere  se  mi  odiasse  pure!).

– non  lasciare  che  la  tristezza  prenda  il  sopravvento! (visto  che  ci  tieni  tanto, ci  proverò. Sull’esito  di  tanto  sforzo, però, ammetto  di  provare  qualche  dubbio).

– ricordati  che  non  devi  mai  perdere  la  speranza ! (ma  io  me  ne  ricordo, credimi. Però  è  la  speranza  che, da  sola, ogni  tanto  se  ne  va).

– devi  sempre  ascoltare  il  tuo  cuore! (lo  ascolto, lo  ascolto: infatti  sto  proprio  sentendo  ora  il  mio  solito  attacco  di  tachicardia).

– lasciati  andare  come  una  piuma  al  vento! (no  comment! A  tutto  c’è  un  limite).

Peccato  aver  dimenticato  altre  chicche  d’inestimabile  valore, ma  vabbe’, ce  ne  faremo  una  ragione.

Trastulli

ja

Avrei  voluto  scrivere  un  post  serio, ma  non  riesco  a  farlo  perché  sto  ridendo.  Ho  saputo  che,  su  Facebook,  una  persona  che  conosco  solo  di  vista  ha  pubblicato  l’immagine  delle  radiografie  dei  suoi  polmoni, peraltro  sanissimi. Che  uno  sia  libero  di  pubblicare  una  cosa  simile  è  un  dato  che  non  metto  in  dubbio: non  è  contro  la  legge  mostrare  alcune  lastre  e  si  tratta  d’immagini  del  tutto  innocue. Per  certi  versi, possono  anche  essere  simpatiche, considerando  soprattutto  che  ciascuno  ha  i  propri  gusti  e  magari  c’è  chi  considera  interessanti  o  divertenti  le  lastre  dei  polmoni  altrui. Ammetto  che  la  mia  naturale  riservatezza  mi  è  d’ostacolo  per  la  comprensione  di  un  simile  fenomeno; tuttavia, trattandosi  di  un  sentire  soggettivo, lo  lascio  da  parte  e  mi  concentro  su  altro:  questa  faccenda, infatti,  ha  stimolato  la  mia  fervida  fantasia  e  non  riesco  a  trattenermi.

Seguendo  senza  indugio  la  via  aperta  dalla  pubblicazione  delle  lastre  e  conducendola  fino  alle  estreme  conseguenze, si  potrebbero  anche  mostrare, in  primo  piano  e  con  entusiasmo,  le  foto  dei  propri  denti  del  giudizio, appena  estratti  con  dolore  dalla  carne  viva  e  tutti  sanguinanti; e  che  dire  della  possibilità  di  pubblicare  con  gioia  la  foto  della  propria  cistifellea,  asportata  da  poco  e  messa  a  figurare  in  bel  vasetto  di  vetro? C’è  poi qualcuno  interessato  a  osservare,  in  formato  gigante,  le  immagini  delle  tonsille  appena  tolte  a  un  bambino  di  sei  anni? E  dopo  simili, profondissime  domande, smetto  di  scrivere  e  vado  a  riprendermi.

Di primavera e ricordi


Correre fra l’erba e poi riposare, lasciarsi accarezzare dal sole tiepido e ricordare l’adolescenza, per catturare brevi intervalli di risate e di spensieratezza. Anche questa è primavera: un sentiero colmo di primule e viole, che unisce le memorie d’un tempo lontano e la profonda magica quiete del presente.

(Nell’immagine il dipinto Ragazza sul prato, di Federico Zandomeneghi)

Alla fine di gennaio


Ho trascorso circa tre quarti d’ora a cercare immagini di dipinti ottocenteschi, perdendomi fra colori e atmosfere ma senza decidermi. In realtà avevo quasi scelto, quando una voce interiore, saggia e cortese, mi ha consigliato di fermarmi. Arriva sempre un momento in cui occorre fermarsi per riordinare le idee, recuperare la necessaria lucidità e attendere che le ombre, almeno quelle più cupe, svaniscano.

Queste giornate di fine gennaio sono sempre freddissime. Tuttavia, sembra che il gelo non impedisca ad alcuni di uscire a quest’ora: dalla strada, infatti, arrivano grida e risate. Il divertimento del venerdì sera prosegue nonostante l’inverno e il copione è sempre lo stesso. Assistendo al ripetersi dei medesimi riti, sulla medesima via e stagione dopo stagione, si ha l’impressione che nulla cambi mai. Eppure qualcosa dovrà mutare.

Gennaio se ne sta andando, terribile come sempre, col suo volto severo e gli occhi duri di chi non riesce a provare alcuna pietà. Ma quasi non l’ho vissuto perché l’ho sentito fuggire via in fretta, e l’ho guardato con freddo distacco, addirittura con una punta di disprezzo. Ormai neppure gennaio riesce a colpirmi. Questa è la prova che gli anni non sono trascorsi invano.