Ricordi di aprile: comunione e cresima

Intanto Buona Pasqua e buona primavera a chiunque passi sul blog:

Della primavera m’incantano i colori, soprattutto quelli di aprile, freschi, vivi e un po’ ingenui. Sono toni brillanti, alcuni molto decisi e altri più delicati, tipici della vita all’inizio del suo percorso, la vita che splende di luce infinita, ignorando ancora quanto le accadrà.

Questo mese meraviglioso evoca sempre, in me, ricordi d’infanzia. Ai miei tempi, aprile era dedicato alla celebrazione delle prime comunioni, che erano ancora avvenimenti di grande rilievo, quasi cruciali. Bastava passare davanti a una chiesa di domenica, per vedere intere frotte di cuccioli umani ben vestiti e circondati da gruppi di parenti, tutti in festa per il lieto evento, che prevedeva grandi libagioni e tanta allegria.

Anch’io feci la prima comunione nel mese di aprile. Ciò che mi colpisce, a distanza di tanti anni, fu che assomigliò in modo impressionante a un matrimonio. Indossavo un abito bianco bellissimo, addirittura ricamato e di stoffa molto raffinata, un autentico abito da sposa. E venne persino il fotografo, che mi obbligò a posare nella cappella della mia parrocchia, come una piccola modella. Ricordo ancora quando mi disse di congiungere le mani e mettermi in ginocchio. Io eseguii tutto meccanicamente perché era mattina, non mi sentivo bene e avevo un gran sonno.

Dopo la cerimonia fui costretta a partire per l’appennino, perché guai a non coinvolgere tutta la parentela in quest’evento epocale. Per l’occasione fu invitato persino Amos, che era il cugino del cognato di mio padre, peraltro una persona simpaticissima, molto aperta e generosa, sempre felice di poter stare in compagnia. Andammo in un ristorante che ci accolse con un menù ricco di ottimi piatti, e io ebbi anche la gioia di collezionare molti regali sotto forma di catenine, braccialetti e tanto denaro contante.

Purtroppo, a fine giornata mi sentii molto male. Ero sotto antibiotici a causa di una bronchite asmatica e molto indebolita dalla malattia. Un farmaco mi fece allergia, mi gonfiai tutta come un otre, tanto da non riuscire ad aprire gli occhi per un giorno intero, e trascorsi due settimane orribili con uno sfogo cutaneo su tutto il corpo e un prurito indescrivibile. Non so come ne uscii, perché fui in pericolo di vita e nessuno mi portò all’ospedale: il medico mi curò a casa, mentre, se accadesse ora, mi trascinerebbero di corsa al Pronto Soccorso. Ma tant’è. Per fortuna, da allora abbiamo fatto molti progressi in campo medico.

Il ricordo della cresima, invece, è quasi del tutto sbiadito. Mi torna in mente soltanto l’abito che indossai e qualche frammento della mia permanenza in chiesa. Non ricordo invece cosa accadde dopo.

Al di là di tutto ciò, se ripenso alla mia infanzia, aprile mi appare come un mese da sogno perché rappresentava la fine dell’inverno, con i suoi colori cupi e spenti, e l’inizio di un periodo colmo di colori e di gioia di vivere. Un periodo in cui poter stare all’aperto, incontrare gli amici, correre nei parchi e, perché no, sognare in libertà.

Buona giornata

Che  fare  per  cominciare  bene  una  cupa  giornata  di  novembre? Si  parte  dalla  colazione:

croissant

A  pranzo, si  sceglie  un  buon  piatto  di  stagione, cioè  i  tortelloni  di  zucca:

tortelloni

E  poi  il  rito  del  tè, che, nei  brevi  pomeriggi  autunnali, mentre  il  sole  tramonta, assume  una  connotazione  quasi  sacrale:

te

Buona  giornata  a  tutti. 🙂

Pensieri all’inizio dell’anno

Gennaio: l’inverno  puro. Se  a  dicembre, almeno  all’inizio, spesso  è  possibile  cogliere  ancora  alcune  tracce  dell’autunno  morente  in  certi  colori  caldi  che  permangono  su  alberi  e  cespugli,  a  gennaio  trionfa  l’inverno, con  i  suoi  toni  freddi  e  cupi. Scompare  quel  groviglio  di  sfumature  che  soltanto  l’autunno  sa  regalare  e, al  suo  posto, subentrano  il  nero, il  grigio  scuro, talvolta  il  bianco  accecante  e  gelido.

Oggi  la  giornata  è  stata  freddissima, umida  e  squallida. E  siccome  di  squallore  dovremo  ancora  affrontarne  parecchio, conviene  abituarsi  in  fretta  alla  nuova  atmosfera, priva  delle  innumerevoli  sfumature  che  l’autunno  dispiega  sempre  con  commovente  generosità:

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E  mentre  rimpiango  la  raffinata  bellezza  e  il  timido, elegante  splendore  dell’autunno, cerco  d’immaginare  cosa  mi  porterà  l’inverno, a  parte  il  gelo  e  l’oscurità.

Domani, con  l’Epifania, terminerà  tutto  questo  trambusto  natalizio. Ho  deciso  di  concludere  la  tiritera  festaiola  nel  migliore  dei  modi: preparerò, infatti, un  buon  brodo  di  cappone  con  i  tortellini  e  aprirò  un  panettone  artigianale  che  ora  se  ne  sta  immobile,  buono  buono,  nella  sua  bella  scatola  fiorita  su  un  tavolo  del  soggiorno. In  questo  modo, cercherò  di  esorcizzare  il  pensiero  del  tempo  che  mi  occorrerà  per  far  sparire, nei  prossimi  giorni, alberi  addobbati, presepi  e  ninnoli  vari.

All’inizio  di  un  nuovo  anno, guardo  sempre  il  calendario  per  vedere  quando cadranno  le  varie  feste, religiose  e  non. Ho  visto  che  nel  2016  la  Pasqua  verrà  presto, alla  fine  di  marzo, e  ne  sono  contenta. Mi  ricordo  che, da  bambina  e  da  adolescente, la  Pasqua  mi  donava  un’emozione  particolare  perché  significava  l’arrivo  della  primavera, del  cielo  azzurro, delle  prime  giornate  tiepide  dopo  l’inverno  e  della  possibilità  di  uscire  più  spesso. Adesso, invece, la  Pasqua  mi  lascia  quasi  indifferente. A  dirla  tutta, sono  parecchie  le  cose  che  ormai  mi  lasciano  quasi  indifferente, a  testimonianza  del  fatto  che  gli  anni  non  sono  trascorsi  invano  e  hanno  prodotto  alcuni  effetti  irreversibili.

E  voi  come  vivete  la  conclusione  di  queste  feste? Vi  dispiace  che  siano  giunte  al  termine?

Era l’estate


Quando, da adolescente, trascorrevo il mese d’agosto nella casa di montagna, spesso cenavo in giardino. Era una dichiarazione di libertà, il trionfo della gioia di vivere, un tributo alla bellezza del paesaggio che avevo intorno e che sembrava essere lì solo per me, incantevole regalo d’una stagione che m’illudeva con sogni e lusinghe d’ogni tipo.

La cena in giardino era il preludio d’una serata che avrei trascorso in lunghe passeggiate attraverso sentieri silenziosi, o in chiacchiere sotto le stelle. Agosto era un amico generoso, colmo d’attenzioni e di sorrisi, e il tempo sembrava trascorrere lentissimo, quasi a volerci ricompensare della frenesia dei mesi precedenti.

Agosto, mattine splendenti, pomeriggi a tratti oziosi, serate sotto la luna: era l’estate, era una lunga fantasia, era un passaggio verso un’altra stagione e un’altra età.

(In foto, Colazione in giardino di Giuseppe De Nittis)

Il pranzo di Babette


Trama
Tratto da un racconto di Karen Blixen, Il pranzo di Babette è un film girato da Gabriel Axel nel 1987.
Siamo nel XIX secolo, in Danimarca. Due giovani sorelle vivono in un piccolo e povero villaggio della costa. Figlie di un pastore protestante che ha fondato una setta, rigidamente educate secondo i principi della religione, a causa della soggezione provata nei confronti del severo padre le due ragazze rinunciano al matrimonio e a coltivare i propri talenti, pur essendo entrate in contatto con uomini di mondo: un ambizioso militare, che sposerà per interesse una dama della corte svedese, e un tenore francese, Achille Papin, giunto in Danimarca per esibirsi a teatro.

Serene e tranquille, invariabilmente buone e cortesi, le due donne trascorrono un’esistenza monotona, occupandosi dei più poveri e continuando a costituire un punto di riferimento per gli abitanti del villaggio, finché, quando sono ormai anziane, in una notte fredda e piovosa una sconosciuta donna francese bussa alla loro porta: si tratta di Babette. Avendo partecipato ai moti rivoluzionari di Parigi nel 1871, e avendo perso marito e figlio, Babette è fuggita dalla Francia e si è recata in Danimarca su consiglio del tenore Papin, che molti anni prima aveva invano corteggiato una delle due sorelle. La lettera di presentazione di Papin induce le due anziane donne ad accettare di ospitare Babette in cambio di un aiuto domestico.

Babette si dimostra attiva, educata e molto discreta. Trascorrono altri quattordici anni, quando inaspettatamente Babette vince un premio alla lotteria: diecimila franchi. Con questo denaro decide di preparare un pranzo francese in onore del centenario della nascita del defunto decano, padre delle due anziane sorelle. Queste, abituate a un’esistenza estremamente modesta e a cibi molto poveri, accettano a malincuore e con diffidenza che la loro governante prepari un pranzo di cui non conoscono neppure gli ingredienti: osservano infatti con sospetto e timore la cucina invasa da tutto ciò che, per l’occasione, Babette ha fatto arrivare dalla Francia, compresa una tartaruga ancora viva destinata a finire in brodo.
Babette è invece stranamente eccitata e contenta, e si muove con estrema disinvoltura mentre prepara il pranzo. Sono ben dodici gli invitati, fra i quali l’ormai anziano militare che, da giovane, aveva corteggiato una delle due sorelle. E il pranzo, insolito e sontuoso, restituisce a poco a poco serenità e gioia alla piccola comunità, negli ultimi anni turbata da incomprensioni e litigi.

Commento
Il pranzo preparato da Babette, autentica chef parigina, rappresenta la rottura improvvisa, ma profondamente salutare, di un ritmo di vita monotono e grigio, scandito dai soliti doveri e da troppe rinunce. Babette, in quanto straniera, latina e dunque “diversa”, introduce una novità in quel mondo ripiegato su se stesso e pervaso da un sentimento religioso fin troppo invadente: il piacere del cibo e anche il piacere di una bella tavola ben apparecchiata, con un piatto diverso per ogni portata e un bicchiere diverso per ogni bevanda. In altri termini, il pranzo di Babette introduce improvvisamente in quel mondo povero e austero abbondanza e calore.

Le privazioni e le eccessive ristrettezze non rendono gli esseri umani migliori, ma sono spesso cause di meschinità e risentimenti, ciò che infatti caratterizza la piccola comunità prima del pranzo. Il pranzo, piacere materiale ma anche spirituale, è un discrimine fra questi sentimenti poco cristiani e quelli che emergono progressivamente, quando i volti dei commensali s’illuminano di sincera e ingenua gioia, una gioia simile a quella dei bambini quando scoprono, con commovente meraviglia, qualcosa di nuovo. E, proprio grazie alla novità costituita da quel raffinato pranzo, tutti cambiano, diventando disponibili gli uni verso gli altri e aperti al dialogo, generosi e solidali. Paradossalmente il pranzo, considerato all’inizio un evento pericoloso e fonte di peccato, li rende invece più cristiani.
Voto: 8