Settembre. Si avverte un’ansia, la frenesia interiore di cogliere le tracce della fine, dello sfacelo dell’estate, della sua rovina lenta, della sua sconfitta – e sono tracce lievi, tracce evanescenti, fantasmi provenienti da chissà dove.
S’immagina il futuro, ciò che sarà, le prime piogge malinconiche, le foglie stanche sulle strade silenziose, le nebbie ad abbracciare i ricordi. S’immagina e si aspetta, con fiducia, con pazienza, perché è un dono del cielo questo ritrarsi, questo spegnersi giorno dopo giorno, l’autunno con le sue contraddizioni e la sua vita calma – l’aver compreso tutto, e chiudere porte e finestre, e chiamare ogni cosa con il suo vero nome.