Come si è visto, con il procedere della cristianizzazione dei Regni romano-barbarici il confine tra potere temporale e potere spirituale diventa sempre più labile. Tale processo culmina con l’ascesa, nel Regno franco, dei sovrani carolingi e, in modo particolare, con Carlo Magno, che afferma in maniera esplicita il proprio ruolo strumentale in relazione al cristianesimo e alla Chiesa. Carlo, infatti, è rex gratia Dei, ossia re per grazia divina. Questa formula politica gli consente di essere completamente al di sopra dei suoi sudditi, obbligati alla totale sottomissione, ma nel contempo lo subordina al controllo da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Del resto, per garantire la coesione interna al suo impero, vasto ed eterogeneo a livello sociale ed economico, Carlo si serve soprattutto della fedeltà dei suoi collaboratori e dell’ideologia cristiana, ossia di norme di carattere morale.
La concezione politica sintetizzata dalla formula rex gratia Dei si richiama all’insegnamento di Padri della Chiesa come, ad esempio, Sant’Agostino e San Paolo, e domina per buona parte del Medioevo. Si tratta di una prospettiva teorica strettamente connessa al mito cristiano della Cacciata dell’uomo dal paradiso terrestre e della sua Caduta. Il peccato originale, infatti, è considerato la causa di un generale depotenziamento delle facoltà dell’uomo, che, dopo la cacciata dall’Eden, perde la sua naturale disposizione al Bene e deve quindi essere guidato col pugno di ferro. In altri termini, dopo il peccato originale gli uomini sono diventati una massa di esseri malvagi e disperati, che Dio affida ai sovrani temporali pur di contenerne gli impulsi peggiori. In tale prospettiva, i sudditi non possono ribellarsi all’autorità temporale perché ciò costituirebbe un atto d’insubordinazione nei confronti di Dio.
Nel corso del IX secolo, i temi affrontati dalla trattatistica politica riguardano l’origine e la natura dei poteri temporale e spirituale, oltre ovviamente alla questione fondamentale del rapporto che deve intercorrere fra essi. In genere, le opere incentrate su tali argomenti sono per molti versi simili. È però interessante notare come l’evoluzione del pensiero politico di questo periodo sia legato all’evoluzione del potere dei re carolingi: a mano a mano che la sovranità, coi successori di Carlo Magno, s’indebolisce, le concezioni politiche diventano sempre più articolate e complesse, cioè tese ad accentuare il ruolo di controllo del potere regio da parte dei vescovi.
Nel corso del IX secolo, l’Impero carolingio si sfalda fino a frantumarsi in una serie di potentati autonomi sotto i profili politico ed economico. Da tali potentati si svilupperà in seguito il sistema feudale.