Ore 19:48. Il cielo è ancora chiaro, mentre il lungo pomeriggio scivola via adagio in attesa di svanire fra le braccia del crepuscolo. In questo momento magico, la luce resiste ma non riesce a dissolvere le tante ombre di questa stanza: è la delicata poesia di aprile, l’estenuante appannarsi del giorno che, minuto dopo minuto, cede il passo all’oscurità. E le ombre si fondono con la luce, in un valzer di chiaroscuri che parla all’anima come nessuna parola umana potrebbe mai fare.
Ore 20:10. Avanza la sera, avanza senza interruzioni, ma avanza con garbo; e la luce è sempre più fioca, pallida sopravvissuta prima di sfaldarsi silenziosamente sotto il peso della notte. E si vorrebbe che questo incedere lento proseguisse per ore – ambiguo ristoro dello spirito, inatteso frammento d’eternità.