Mentre l’estate scivola via

Ci troviamo in un momento assai particolare: l’estate sta giungendo alla fine, adagio, certo, e con qualche intemperanza. Che lo voglia o no – conoscendola, direi di no – i suoi giorni sono contati. Ma i trapassi, si sa, recano con sé fatiche e dolori, scoppi d’ira e il desiderio di farcela a qualsiasi costo. Che, per l’estate, significa restare qui il più a lungo possibile.

Io sono eretica, quest’anno, e strana e di vita piena nonostante l’afa – non so perché, ma è un fatto, e di fronte ai fatti mi arrendo, alzo le mani. Sono strana, dicevo, perché un po’ mi spiace che la bella stagione vada ad addormentarsi, che scivoli via nonostante il suo carattere prepotente, quell’insopportabile arroganza che racconta storie di gioventù, follie e desideri soffocati a stento. Ma così è. E vedremo un’altra stagione, più profonda e intensa e misteriosa.

Intanto, mentre assaporiamo questo lento passaggio, guardiamo qualche immagine, qualche traccia di agosto, agosto che è appena finito e vuole che qualcuno lo ricordi. Pubblico allora quattro foto che mi ha inviato mio cugino Fabio.

Questo è il Lago di Vico, in provincia di Viterbo:

Narni, in provincia di Terni:

Colle dell’Asino a Rocca di Papa, in provincia di Roma:

Questo splendore

La primavera è radiosa persino quando il cielo diventa di grigioazzurro tutto scuro, perché non è questo il tempo della fine, dello smorzarsi lento, ma siamo soltanto all’inizio, e il vento furioso e la pioggia e i nostri pensieri cupi nulla possono – e nulla sanno.

Dobbiamo arrenderci a questo splendore e tornare adolescenti, dobbiamo sentire che il temporale è un momento, il passaggio di un’ombra destinata a svanire in fretta – il sole sarà qui a breve, che tu lo voglia o meno.

Mattino d’inverno

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Sommesso, sazio  di  vento, trasognato  e  forse  stanco. È  un  mattino  d’inverno  aspro  e  incolore, un  mattino  d’inverno  e  un  desiderio  profondo, mai  davvero  sopito  e  opportunamente  celato: dormire, dormire  a  lungo, dormire  e  non  sapere  altro, dormire  e  non  vedere  altro –  dormire  soltanto  e  poi  dimenticare.

È  un  mattino  d’inverno  rigido  e  spento, è  un  giardino  coperto  da  neve, è  il  nulla  del  bianco  che  avvolge  e  nasconde, il  nulla  del  bianco  che  travolge  e  nasconde – e  la  verità  che  non  lascia  scampo.

È  un  mattino  d’inverno  rigido  e  stanco, è  un  mattino  d’inverno  senza  alcuna  importanza.

 

E sarà

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Oggi  è  stata  la  prima, vera  giornata  autunnale: un  autunno  appena  accennato, molto  schivo, silenzioso, cauto  come  soltanto  lui  sa  essere.  Cielo  grigio, pioggia  sottile, aria  fresca: niente  più  di  questo.

E  allora  sarà  un  declinare  lento  e  pensoso, sarà  uno  sprofondare,  a  poco  a  poco  e  senza  asprezze, nell’insondabile  oscurità  dell’inverno. Saranno  la  fine  e  l’inizio, sarà  un  coinvolgimento  appassionato  e  morboso, saranno  parole  che  non  ho  mai  detto.

 

Passaggio d’autunno


La gioia più intensa, quella che invade l’anima donandole infinito calore, si ha nel momento di passaggio, quando aria e luce mutano segnando la fine dell’estate, ma tutto avviene senza enfasi, con elegante discrezione.

Il sole resta ad accompagnare sogni e pensieri, ma finalmente l’autunno volge i suoi occhi su di noi. La sua calma è ammirevole, il suo sguardo è limpido: per ora si accontenta di apparire sullo sfondo o quasi di nascosto. Qualcuno direbbe che è timido o troppo reticente o privo d’energia. Ma in realtà è soltanto saggio.

Domenica di quiete


Oggi scelgo la quiete e per l’intera giornata. Disperdermi nella confusione d’inutili passeggiate, in mezzo a una massa informe e urlante, non m’interessa e non m’appaga.
Il silenzio del primo pomeriggio è un regalo gradito. So che, più tardi, dalla strada arriveranno grida sconnesse, risa forzate e perciò squallide e opprimenti, rumori d’automobili col loro carico di gente in cerca di svaghi o d’emozioni a buon mercato. Però ora, in attesa che tale spettacolo inizi e che la recita si svolga sempre identica a se stessa, la domenica è un abbraccio lieve, un canto soave, un sussurro sommesso e discreto. Vorrei che non avesse fine.

Fine dell’anno


Gli ultimi giorni dell’anno sono tra i miei favoriti. Sono momenti di passaggio che vivo sempre in maniera particolare, avvertendo intorno a me una strana atmosfera rarefatta. Il freddo intenso che invade puntualmente la città in questo periodo, il grigio di giornate troppo scure, in contrasto con i colori accesi degli addobbi natalizi che rendono la casa accogliente e magica, e il senso d’attesa inevitabile in queste ore sono tutti elementi che, nel loro insieme, mi proiettano in una dimensione al confine tra il sogno e la realtà.

Per fortuna non mi sono mai sentita in obbligo di festeggiare in chissà quali stravaganti modi la fine dell’anno, né mi sono mai affannata per andare alla ricerca di sensazioni forti, non avendo neppure mai compreso in che cosa esse debbano consistere.
Non m’interessa cercare il divertimento fine a se stesso, il chiasso incessante e le urla di riunioni male assortite in cui si vuole esagerare – e perché mai? -, bere all’infinito, gridare come ossessi, strepitare inutilmente, conversare del nulla e altro ancora, e tutto solo per illudersi di essersi follemente divertiti. Forse è un discorso un po’ impopolare, ma è sincero. Preferisco festeggiare senza sentirmi in dovere di strafare.
Al di là di ciò, lascio a tutti il mio più sincero augurio per un anno nuovo all’insegna della serenità. Buon 2010! 🙂

Scorcio di fine estate

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I pensieri si perdono in questo labirinto di colori invitante, attraente, persino conturbante. Sembra che il sole non debba tramontare mai, che il suo potere sia infinito, che il suo trionfo non conosca ostacoli.
Eppure l’estate sta per andarsene. Resterà il ricordo delle corse lungo i sentieri, degli alberi a ripararci dalla luce troppo intensa, del vento allegro sui torrenti rumorosi e limpidi.

(La foto è tratta da: http://www.parks.it/parco.burcina/Eiti.html)

La voce

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Le acque scorrono lente: celano imperscrutabili segreti e custodiscono gelosamente sogni e illusioni.
Qualcuno desidera parlare. Dal fondo risale una voce, cerca di farsi udire, prova a gridare; ma i fiori restano muti, immobili e trasognati spettatori del tempo che passa in silenzio.
Le acque scorrono troppo lente e il giorno volge alla fine. Se la voce riuscisse a farsi sentire, finalmente sarebbe luce.