Marzo inizia così

Marzo inizia così, l’inverno gelido e la neve a tenermi compagnia. Fra ottobre e la metà di febbraio ho viaggiato molto, rispettando gli orari dei treni e degli autobus che hanno reso possibili i miei spostamenti . A volte ho corso come una trottola impazzita, altre volte i taxi mi hanno salvata dalla stanchezza – di mattina presto e di sera tardi, col buio e il vuoto delle strade a farmi desiderare di tornare a casa in fretta. E, in questa girandola di spostamenti, affanni e coincidenze da rispettare, non ho potuto vivere l’autunno e l’inverno, periodi che richiedono presenza, attenzione, calma e lunghe ore da trascorrere in casa.

Ma, adesso che quell’intermezzo si è concluso, la stagione fredda sembra voler prolungare la sua presenza – quasi un regalo, un minuscolo dono per risarcirmi di ciò che ho perduto. Eppure avverto il desiderio di un mutamento, credo che la nuova stagione abbia il diritto di arrivare. La desidero e la temo, in realtà, perché il cambiamento è sempre un’incognita, uno strano groviglio di desideri e timori, di attese e delusioni, di momenti sereni e di battute d’arresto.

Però la voglio, la primavera; la voglio ingenua, frizzante, immatura e piena d’energia. Voglio rinascere anch’io, in fondo, e le desidero tutte davvero quelle tinte delicate, meravigliose, come di vita al suo principio: il verde, il lilla, il rosa e il celeste.

Tu sai di cosa parlo.

Tempo di febbraio

Dopo giorni di luce quasi frenetica, febbraio è tornato sui suoi passi. Venerdì è comparsa la nebbia e i rami degli alberi spogli hanno ritrovato un senso, un’appartenenza – l’inverno e il suo umore tetro:

La nebbia, i rami contorti e i cancelli regalano al parco un’atmosfera rarefatta – come passare altrove in un attimo e stupirsene e non volersene più andare:

Oggi, invece, il vento rende inquieta la giornata – un brivido improvviso, un’incertezza. Ma fuori, proprio sotto casa, s’intravede il rosa sugli alberi sfiniti:

Febbraio e l’inconsistenza

Succede così, a febbraio. Compaiono alcuni giorni luminosi, presagi della bella stagione – e il freddo si attenua un poco; ma gli scheletri degli alberi spogli, e il marrone cupo e il grigio come unici colori intorno, creano una dissonanza, una frattura. Così febbraio sprofonda nell’inconsistenza, non è inverno e non è primavera – senza carattere, senza identità.

Spero ancora in qualche mattina di nebbia fitta e forse persino nella neve.

Verso la primavera

Di solito, quando l’inverno finisce, cambio la grafica del blog all’inizio di marzo. Ma quest’anno scelgo di farlo oggi, 27 febbraio, perché la nuova stagione sembra avanzare con sicurezza, come se la forza dell’inverno si fosse sfaldata bruscamente per ragioni ignote. Anche il vento improvviso, che infuria ora sulle strade, sembra uno dei tanti volti della primavera.

Mi chiedo allora come sarà. Spero che la stagione dei fiori possa dispiegare tutte le sue sfumature, che possa commuoverci con le sue incertezze e le sue ingenuità, che possa farci arrabbiare con i suoi scoppi d’ira inattesi e i suoi capricci ingiustificati; e mi auguro che riesca a trasmetterci la sua inesauribile vitalità, il suo costante ottimismo, le sue tante illusioni. Spero che la primavera sia, quest’anno, come un arcobaleno dopo la tempesta.

Novembre a febbraio

Se gli alberi non fossero soltanto scheletri scuri, questa giornata di febbraio sarebbe un perfetto frammento di novembre, uno di quei giorni autunnali stanchi, esangui, che narrano di lenta dissoluzione come di un fatto ineluttabile e persino rassicurante. Febbraio è così, assume coloriture differenti in maniera inaspettata, perennemente indefinito e incerto, forse a disagio nella sua mancanza d’identità.

Quest’atmosfera inattesa, questo sussulto d’autunno affascinante e commovente, mi ha colpita con rara intensità mentre passeggiavo, stamattina, nei pressi della strada in cui ho vissuto per tanti anni, in centro storico. Mi sono ritrovata di colpo nel passato, come in una di quelle tante giornate scure che hanno accompagnato i miei infiniti passi.

Comincio con una foto che ho già pubblicato. Via Castelmaraldo ripresa da via Emilia lo scorso dicembre:

E adesso passo alle foto scattate oggi. Ho voluto fotografare via Castemaraldo partendo dall’area della movida, da cui si risale per arrivare a via Emilia:

Torno indietro verso l’area della movida, adesso molto depressa a causa del Covid. Non descrivo il caos che si creava qui nei fine settimana, e non solo, quando il Covid non c’era: il delirio totale. Come si può vedere ci sono molti locali, birrerie e affini:

Proseguendo dritto lungo via Castelmaraldo, si arriva a piazza della Pomposa, con la sua chiesetta, Santa Maria della Pomposa, di origine medievale e poi rifatta tra Sei e Settecento:

Un altro scorcio della piazzetta fuori dalla chiesa:

Decido poi di lasciare la Pomposa e di proseguire lungo via Taglio. A sinistra, mentre percorro la strada, ecco Via Ganaceto:

Vado avanti lungo via Taglio:

Adesso sto per arrivare in via Farini:

Arrivati in via Farini, troviamo la chiesa di San Giorgio, dedicata alla Beata Vergine Ausiliatrice del popolo modenese. Non sono entrata perché c’era la messa:

Via Farini collega via Emilia e l’Accademia militare, che sorge su piazza Roma. In passato la piazza era usata come parcheggio, ma adesso questo scempio è finalmente terminato:

Dalla piazza vado in Corso Canal Grande, una delle vie più importanti del centro, perché sede del teatro comunale e del tribunale:

Questo è il teatro comunale:

Scelgo di terminare questo tragitto con gli alberi di viale Muratori, alberi che parlano ancora d’inverno, di chiusura, di pace interiore, di memorie che si perdono nel tempo:

Febbraio, sabato e passeggiata

Questa mattina, al risveglio, ho trovato la neve, soltanto una lieve spruzzata sull’erba del parco e sulle automobili, ma abbastanza per ricordarmi che l’inverno è ancora qui.

Travolta da ingenuo ottimismo a causa del cielo azzurro e del sole, sono uscita da casa con un certo entusiasmo, pensando che avrei potuto fare una gradevole passeggiata; ma, appena uscita dal cancello del palazzo, sono stata investita da raffiche di vento gelido. Così ho preso l’autobus, il mio amato 6, che per fortuna è arrivato subito.

In centro storico mi sono limitata ad andare dalla mia fornaia di fiducia, in Largo degli Erri, e a controllare la mia cassetta postale, perché ho ancora la residenza in centro nonostante abbia cambiato casa. Ecco qui la mia vecchia strada, via Castel Maraldo, fotografata lo scorso dicembre in una triste giornata piovosa:

Dopo queste commissioni sbrigate molto rapidamente, sono andata con moto accelerato a prendere l’autobus in corso Duomo, per tornare subito a casa: il vento gelido non dava tregua e non avevo alcuna intenzione di diventare un ghiacciolo. Ne ho approfittato per fotografare la cattedrale romanica.

Anche questa volta, come lo scorso sabato, ho girato un breve video che mostra il percorso dal centro storico a viale Buon Pastore, percorso diverso rispetto a quello ripreso nel video precedente.

Il video è amatoriale e senza alcuna pretesa. Com’è facile intuire, può interessare soprattutto chi legge questo blog da molto tempo, ed è quindi curioso di vedere i luoghi che cito spesso nei miei post. Il video serve insomma a dare sostanza, a dare spessore concreto ai riferimenti sparsi sul blog.

Ho cominciato a girare il video in corso Canal Chiaro, in pieno centro storico. A un certo punto compare anche la chiesa di San Francesco. Finito il corso, l’autobus s’immette in piazzale Risorgimento e poi si ferma al semaforo: ormai siamo usciti dal centro. Al minuto 2:56, l’autobus comincia il percorso lungo via Carlo Sigonio; al minuto 4:12 svolta a destra in viale Buon Pastore e io scendo alla prima fermata. Il video s’interrompe bruscamente prima che io scenda, perché non ho voluto riprendere le altre persone presenti sull’autobus. La voce che si sente in sottofondo non è la mia.

Le prime margherite

Scoprire d’improvviso qualche margherita, quando febbraio è soltanto all’inizio, suscita stupore, infantile meraviglia. Ma la giornata è tiepida, quasi un preludio della stagione che verrà, e le margherite fanno parte dell’insieme, di questo inatteso messaggio primaverile.

Probabilmente tornerà il gelo invernale, e febbraio precipiterà di nuovo fra le braccia del grigio e del marrone intenso; ma intanto apprezziamo questo delicato intervallo di quiete.

A febbraio

A febbraio, alcune giornate sono talmente cupe da mutarsi in vane attese, speranze inconsistenti aggrappate a un mondo chiuso in se stesso, rannicchiato nello spazio angusto della sua incomprensibile apatia. In altri momenti, invece, febbraio sembra destarsi dal suo torpore: improvvisamente lieto, talvolta persino vivace, comincia a narrare allegre storie di primavera.

Febbraio è, nello stesso tempo, l’immobilità opprimente della crudeltà invernale e la gaia dolcezza della stagione che verrà. Eppure, nonostante tutto, non riesce a incantare – febbraio no, non riesce a stupire -, perché in fondo è un’anima semplice, un’anima  cui mancano certi improvvisi sussulti, le tante screziature autunnali – e quei silenzi, gli interminabili silenzi di ottobre, che racchiudono segreti e discorsi infiniti.

Memorie e attese a febbraio

primavera29

Il  fastidio  che  ho  sempre  avvertito  nei  confronti  di  febbraio  deriva, almeno  in  parte, dall’evidente  allungarsi  del  giorno  accompagnato  però  dal  grigio  insignificante  e  opaco  dell’inverno. A  febbraio, infatti, quando  alle  17:30  del  pomeriggio  a  dominare  è  ancora  la  luce, i  brevi  pomeriggi  di  fine  autunno costituiscono  ancora  una  memoria  ricorrente, ed  è  impossibile  evitare  di  paragonarli  a  quelli  presenti: se  le  tante  ore  di  buio  del  tardo  autunno  sono  un  complemento  indispensabile  del  declino della  natura, l’attuale  dilatarsi  del  giorno, mentre  l’atmosfera  è  gelida  e  incolore, se  non  addirittura  cupa, rende  squallido  questo  strano  mese  invernale.

Tuttavia, negli  ultimi  due  giorni  febbraio  sta  mostrando  il  suo  volto  più  mite: il  sole  e  la  luce, deboli  ma  costanti, sembrano  un  presagio  di  primavera, tanto  che  ci  si  sente  pervasi  da  una  vitalità  che  il  gelo  invernale  aveva  smorzato  o  ridotto  al  silenzio. Ma  quanto  durerà? L’inverno  ha  davvero  deciso  di  comportarsi  con  dolcezza? Difficile  pensarlo. Probabilmente, ricomincerà  presto  a  esibire  i  suoi  tanti  malumori, fatti  di  pioggia, freddo, arroganza  e  indistinguibili  toni  scuri. Così, si  oscilla  fra  il  rimpianto  nei confronti  della complessa, sfuggente, raffinata  atmosfera  autunnale  e  il  desiderio  della  capricciosa  e  immatura  freschezza delle  tonalità  primaverili.