Mi piace, durante l’inverno, alzarmi presto di mattina e trovare l’oscurità oltre la finestra, perché ciò mi consente di riprendere il contatto col mondo adagio, senza scosse; mi consente, cioè, di abituarmi alla nuova giornata, di accoglierla, di apprezzarla.
Le strade vuote, i lampioni ancora accesi, il silenzio profondo e quasi severo, gli scheletri degli alberi incuranti del freddo – e preparare il caffè guardando questo spettacolo, mentre il giorno a poco a poco appare con fatica, perché la nebbia ha deciso di arrivare e nulla può fermarla.
Adesso gli alberi lungo la strada, sotto casa mia, sono soltanto poveri tronchi scuri. Eppure non provo alcun dolore nel vederli ridotti in quel modo, così come non mi sconvolgono i pochi colori rimasti, quel grigio e quel marrone che dominano ogni cosa: mi piace passeggiare e avvertire l’inverno dentro di me, le sue qualità, la sua forza oscura e potente. E poi i ricordi, tanti, infiniti – io che camminavo lungo queste stesse strade molti anni fa.
Ma soltanto io bevo tè a colazione? Anzi, prima il caffè e poi il tè.
Forse è una scelta strana, ma di mattina, appena alzata, non riesco a tollerare il latte. Peccato che la colazione sia un rito molto frettoloso, da sbrigare quanto prima per non rubare minuti preziosi alla routine quotidiana. Come rovinarsi la vita con le proprie mani, insomma. E sì, forse questo post, con la bella immagine che l’accompagna, serve a compensare, almeno in parte, l’irrilevanza cui spesso condanno la colazione mattutina.
Non ho mai amato prendere il caffè al bar, di mattina. Lo faccio raramente e soltanto se obbligata dalle circostanze, come mi sta capitando in queste ultime settimane. In realtà, ora non mi dispiace trovarmi in compagnia al bar quando fuori non è ancora giorno: vedere molte persone intorno a me, anche se sconosciute, mi rincuora.
Ma, in generale, nei locali pubblici mi assale sempre una fastidiosa sensazione di provvisorietà: mi sembra di essere e di non-essere allo stesso tempo. Di una cosa sono certa: non potrei mai trascorrere ogni giorno della mia esistenza trotterellando fra bar e ristoranti. So di essere molto impopolare, ma questi luoghi di passaggio a volte mi fanno sentire instabile, quasi una fragile, fragilissima pedina malamente gettata nel caos del mondo.
Il lunedì è il giorno fatidico: ricomincia la settimana, con i suoi ritmi consolidati e i suoi tanti doveri. Allora è bene essere saggi e affrontare la nuova giornata con allegria e buon umore. Partiamo da una buona colazione:
Prendere un tè o un caffè: pause che spezzano la routine quotidiana, intermezzi da dedicare finalmente a se stessi. E ciascuno a proprio modo, in base a gusti, desideri e abitudini che assumono significati particolari a seconda dei casi. Quando aprii questo blog, nel gennaio del 2007, lo immaginai così, come un potenziale momento di pausa per gli eventuali lettori, un piccolo svago senza pretese cui abbandonarsi con calma lasciando da parte, anche se per pochi minuti, i consueti ritmi della giornata. Ed è inevitabile soffermarsi a parlarne ora, perché per un blog sei anni di vita sono tanti.
Non avevo e non ho ambizioni particolari se non il desiderio di scrivere, e probabilmente è questo il motivo per cui ho continuato a farlo tanto a lungo con gioia: nessuna ansia da prestazione, nessuna fissazione per raggiungere un determinato numero di lettori. M’interessavano e m’interessano la scrittura, le parole, le frasi che scorrono una dopo l’altra come in una danza, i ritmi, a volte la pura musicalità dei termini.
Sono sempre state tre le fonti d’ispirazione di tutti i miei post: esperienze avute nel mondo reale, libri e dipinti da me molto amati, frammenti di ricordi che affondano nel mio passato remoto. Inoltre, nel corso degli anni ho pubblicato a volte anche post molto frivoli e mi auguro di sentirmi abbastanza ispirata da scriverne ancora, perché detesto l’idea di prendermi troppo sul serio. Infine, non ho mai usato questo spazio per attuare improbabili forme di comunicazione a distanza e sotto metafora con altri internauti, non ho mai scritto un post dedicandolo implicitamente a qualcuno. E mai lo farò.
Allora, date le caratteristiche di questo blog, si tratta di tè o caffè? A seconda dei gusti, immagino. Per qualche lettore potrebbe forse essere simile a una pausa- caffè, brevissima e a volte intensa; per altri, invece, potrebbe assomigliare al momento del tè, ossia a un intermezzo breve ma non troppo, rilassante e talvolta evocativo. Per me è l’uno e l’altro, a seconda dei giorni, anche se propendo per il tè.
Ora, a coronamento di questa filippica, una canzone spensierata utile ad alleggerire l’atmosfera: The Coffee Song, diretta da Johnny Mandel e interpretata da Frank Sinatra. Una canzone per svagarsi, certo, ma è uno svago di alto livello e una sferzata d’energia indescrivibile a parole. Signore e signori, il caffè è servito. 😀
Oggi qui piove a dirotto e l’atmosfera è assai cupa. Per chi deve uscire, muoversi nel traffico e correre a causa degli impegni quotidiani può essere davvero poco piacevole affrontare questo tempo da lupi. Allora che fare? C’è un modo per portare un po’ di colori in una tristissima giornata autunnale? Noi blogger, che non possiamo usare effetti speciali per ammaliare voi lettori, siamo costretti a intrattenervi con mezzi semplici, quasi casalinghi. E così, per cominciare, vi offro un buon caffè. 🙂
Però è anche vero che non tutti amano il caffè. Posso allora rimediare con qualche dolce:
E visto che siamo solo all’inizio della giornata e che ci attende un pomeriggio altrettanto cupo e scuro, verso le cinque – anzi, le diciassette – sarà pronto un ottimo tè, ovviamente caldissimo:
In fondo, è sempre una questione d’atmosfera. 🙂
Ormai è per me diventato irrinunciabile. E pensare che, fino all’età di diciannove anni, non potevo neppure sentirlo nominare e mi rifiutavo persino d’assaggiarlo.
Iniziai a berlo durante il primo anno d’università, quando, essendo costretta a fare ogni mattina la pendolare Modena-Bologna, pensai che fosse un buon modo per darmi una sferzata d’energia. E così, la prima volta che bevvi un’intera tazzina di caffè non fu nella tranquillità di casa mia, ma in un caotico bar bolognese. Il bello è che, dopo averla bevuta, mi giudicai sciocca per non averlo fatto prima.
Adesso, a distanza di anni, questo evento in apparenza molto banale mi colpisce e mi sembra importante, quasi un momento cruciale della mia esistenza. Probabilmente fu una sorta di rito di passaggio verso l’età adulta o, almeno, sono io che ora lo considero tale.
Tornando però al presente, adesso è mattina e quindi vi offro virtualmente un caffè per augurarvi buongiorno. 🙂
Il gran caldo è arrivato: la città sembra un forno e le forze se ne vanno. Tuttavia, si sa com’è l’estate: i ritmi di vita rallentano, specialmente nel fine settimana, e così si riscopre il piacere di passeggiare con calma e di attardarsi nei negozi o a prendere il caffè in qualche bar all’aperto, senza l’incubo di dover guardare continuamente l’orologio. Nonostante le notti insonni e il desiderio di libertà e di vacanze, anche in città si è contagiati dall’atmosfera informale che accompagna questo mese tanto caldo. È un po’ come se fossimo tutti già in ferie, anche se ci troviamo ancora qui a lavorare o a studiare.
Però devo ammetterlo: sto già facendo il conto alla rovescia in attesa del mio amatissimo autunno.