Nota successiva alla pubblicazione: avevo scritto questo post per pubblicarlo il 26 dicembre, ma ho sbagliato un click e, invece di salvarlo in bozza, l’ho pubblicato stasera, 24 dicembre. Amen, ormai è fatta.
Avevo quindici anni e frequentavo il ginnasio. Una mattina, a scuola, la mia amica I., con cui avevo molta confidenza, mi chiese: “Ma che cos’è un cappone?”. Io, un po’ meravigliata dalla domanda, risposi con sicurezza: “Un gallo castrato”. Credendo di aver dato una risposta esaustiva, fui sconcertata nel vedere la strana reazione della mia amica, che rimase con la bocca aperta e lo sguardo interrogativo. Notevole fu poi il mio stupore quando mi domandò: “Cosa significa castrato?”.
A questo punto fui colta dal panico perché, pur conoscendo bene il significato del termine castrato, mi vergognavo a spiegarglielo. So che la cosa può far sorridere se non ridere a crepapelle – e infatti per questo l’ho scritta – ma giuro che è la verità. Trovandomi dunque in questo serio imbarazzo, scelsi l’unica via per me percorribile in quel momento: chiamare il nostro migliore amico affinché le desse le giuste spiegazioni. E fu così che I., sempre più stupita, mi sentì urlare: “ANDREAAAAAAAAAA! VIENI QUI, HO BISOGNO DI TE!”. Andrea, infrattato in un angolo remoto della classe semi-vuota, giunse in un baleno e io gli dissi: “Senti un po’ cosa vuole sapere I.”. E mi allontanai.
Stando distante alcuni metri, osservai la scena: dapprima Andrea scoppiò a ridere, poi s’impegnò a fornire tutte le delucidazioni del caso. Del resto, l’avevo chiamato perché conscia che sarebbe stato lietissimo di fornire la fausta spiegazione. La povera I., di fronte all’inattesa rivelazione, diventò rossa e si mise a ridere fino ad avere le lacrime agli occhi.
Finito il siparietto e scampato il pericolo, mi avvicinai anch’io e Andrea disse a I.: “Ma se persino lei lo sa!”. E questa lei ero io. Quasi inutile aggiungere che, se avessi potuto, l’avrei strozzato.
E adesso vi autorizzo a prendermi in giro senza pietà. 😀