Quest’anno la primavera è arrivata in fretta, ben prima del solito. In genere, almeno qui, marzo comincia con un umore grigio e incerto, e spesso è freddo, scostante, antipatico. Perciò sono stupita di fronte a questa luminosità, a queste giornate che parlano di allegria, di desiderio di uscire, di novità. Siamo nel pieno di una rinascita, confortante e avvolgente.
La primavera, si sa, è anche un po’ tentatrice: con i suoi cieli chiari e con le sue ombre pacate e rassicuranti, invita al sogno, al cambiamento, alla libertà. La primavera, insomma, distrae, seduce e ammalia, evocando l’adolescenza con le sue bellezze e i suoi infiniti timori, con la sua ingenua allegria e le sue improvvise tristezze, con le sue assurde fantasie e la sua irriverente vitalità. Così, tornano in mente le uscite con gli amici e le amiche, certe lunghe telefonate che sembravano non voler finire mai, le interminabili conversazioni del sabato pomeriggio, il quieto, indisturbato riposo della domenica. Certo, era un’altra stagione, un altro tipo di primavera. Però, al di là del ricordo di un tempo lontano che non tornerà, resta ogni anno una speranza: la speranza che la primavera sia lunga e dolce e comprensiva.