Perché a novembre

Dopo  una  settimana  molto  intensa, trascorsa  a  ritmi  sostenuti, questa  mattina  sono  andata  al  mercato  che, ogni  seconda  domenica  del  mese, si  tiene  al  Parco  Novi  Sad, e  così  ho  potuto  ammirare  alcuni  splendidi  alberi  nel  pieno  della  loro  bellezza  autunnale: un  caos  di  foglie  verdi  e  gialle  sotto  il  cielo  grigio  e  incerto  di  una  tipica  giornata  di  novembre, umida  ma  non  troppo  fredda, malinconia  ma  non  tetra.

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Lo  spettacolo  più  coinvolgente, quello  che  colpisce  il  cuore, è  sempre  il  lento, costante, muto  cadere  di  foglie  da  qualche  albero  che, sulla  solita  strada,  in  genere  passa  inosservato; un  albero  che  sembra  non  dover  regalare  alcuna  emozione  e  che  invece, a  novembre, sa  raccontare  un’ambigua  storia  fatta  di  sussurri  e  disfacimento. Forse  occorre  coraggio  per  ascoltare  una  simile  storia, forse  è  meglio  andarsene  eludendo  ogni  cosa  e  guardando  avanti; ma  talvolta  ci  si  ferma, talvolta  si  preferisce  sentire  e  vedere  e  poi  anche  capire. Dopo  si  torna  a  camminare, a  compiere  gli  stessi  gesti, a  ridere, persino  a  dimenticare. Ma  soprattutto  si  tace, non  si  narra  quello  che  si  è  visto  e  sentito – perché  non  lo  si  può  narrare, perché  non  lo  si  può  spiegare.