Questa è un’ora strana, indefinibile come ogni tardo pomeriggio di primavera. La luce smorzata eppure sicura di sé, l’atmosfera rarefatta che forse precede la pioggia, l’animo inquieto che trova pace senza sapere perché: si vedono colori anche in una stanza chiusa, si vedono prati e monti indolenti sotto il cielo ribelle.
Ci si trascina verso il tramonto. Con quieta lentezza, come di chi non si aspetta nulla eppure è appagato; come di chi non si aspetta nulla eppure è vivo.
O forse … “perchè della fatale quiete tu sei l’ immago – a me sì cara vieni sera”, o forse ancora, tenera @Romina, perchè il crepuscolo, col tramonto del sole che annuncia la sera, con quella sua luce inclinata sull’ orizzonte che sembra far vivere, di colori e lucentezza, ogni singola cosa come se, a ciascuna, ridonasse la sua veste più sincera ( e per me, più bella ), annuncia sì la fine del giorno, ma per riconfermarci, ogni volta – ed ogni volta con rassicurante, pacata dolcezza – che il giorno ritornerà … e forse anche più bello di quello che se ne è andato ! 🙂
Si hai ragione,un paesaggio del genere non può lasciarci indifferenti.
Provo una sensazione di profonda beatitudine che non può essere turbata nemmeno da quelle piccole nuvole grigie.
Fortunato quell’albero che può godere di questo spettacolo ogni giorno.
Ciao Romina
E l’aumentare progressivo, sistematico, della durata della luce, sembra voler protrarre infinitamente proprio quell’ora e quell’atmosfera che hai descritto, in uno sconfinato lirismo che suggerisce, suggestiona, e stimola la meditazione. Con garbata ma austera dolcezza.
Non ho parole…hai già detto tutto Tu, cara Romina!
Dolcissima sera!
Nives
Questo post ,assieme al più recente “L’età diversa”, è uno dei più tristi.
Mi sembra di leggere un libro di Mauro Corona….
(lo conosci?)
Marco, no, non ho mai letto nulla di Marco Corona.