Con il primo giugno inizia l’estate meteorologica e i pensieri, inebriati dal sole caldo ma ancora clemente e dalla luce che inonda i lunghissimi pomeriggi, volano altrove, danzando fra il passato remoto, il presente e un’infinità di sogni a colori.
Il desiderio di correre, di muoversi, d’inventare è sempre lo stesso, sempre quello bizzarro e un po’ scomposto dell’adolescenza, in cui giugno sembrava la porta per il paradiso, la via verso la libertà. Tornano in mente i sentieri di montagna silenziosi ma sorridenti, le lunghe passeggiate all’ombra di alberi alti, le soste nei campi dorati dominati dal cielo pigro, allegro e un po’ sornione. Era un altro giugno, era un’altra estate, erano altre fantasie. Eppure tutto è ancora qui, vivo a dispetto degli anni che fuggono via, come se avesse una forma e una consistenza propria che nulla potrà mai scalfire.
I campi di grano, i papaveri felici al sole, le parole mai pronunciate: era un’altra estate, ma pretende ancora di essere ascoltata.